Antonella Gargano
(Sapienza Università di Roma)
antonella.gargano@virgilio.it
Abstract
3 Texte werden hier analysiert (Theodor Pliviers Des Kaisers Kulis, Ernst Tollers Feuer aus den Kesseln und Friedrich Wolfs Die Matrosen von Cattaro), die 1930 in den Berliner Theatern uraufgeführt werden und die Zeit am Ende des ersten Weltkriegs als Fokus haben. Die Matrosenstücke, die sich der Meutereien der deutschen Kriegsflotte in Wilhelmshafen und der k.u.k. Seeleute im Golf von Cattaro gedenken, stellen das Modell eines politischen Theaters dar, das sich auf eine streng dokumentarische Basis stützt. Jene Matrosen, die als erste den Aufstand gewagt haben, werden zugleich aus der historisch-politischen Perspektive der späten zwanziger Jahre betrachtet. Darüber hinaus bilden die filmische Montage der Szenen, der Einfluss von Sergej Eisenstein und seinem Panzerkreuzer Potemkin, sowie die Verwendung nautischer Fachausdrücke die literarische Qualität der Texte.
Tra la fine di agosto e l’inizio di novembre del 1930 i teatri di Berlino presentano 3 prime di testi che avevano al loro centro la guerra sui mari e le rivolte dei marinai. Il 31 agosto vanno in scena contemporaneamente al Lessing-Theater Des Kaisers Kulis di Theodor Plievier1 e al Theater am Schiffbauerdamm Feuer aus den Kesseln di Ernst Toller, mentre l’8 novembre la Volksbühne presenta Die Matrosen von Cattaro di Friedrich Wolf. Perché – sembra ovvio chiedersi – addirittura 3 pièces sulle rivolte dei marinai? E perché si ricordano quelle rivolte proprio all’inizio degli anni Trenta?
Il 29 dicembre 1929 era uscito sulla “Rote Fahne”, organo della Kommunistische Partei Deutschlands (KPD), un articolo che dava conto delle proteste che dall’inizio del mese erano state registrate sull’incrociatore tedesco Emden2, dove, a causa del “trattamento disumano e del pessimo vitto”, i marinai erano arrivati ad ammutinarsi issando una bandiera rossa e cantando l’Internazionale. Indicativa è la smentita ufficiale diffusa dall’agenzia di stampa Telegraphen-Union3, citata in modo esplicito dalla “Rote Fahne”, che, se ammette i fatti e l’arresto di 2 uomini dell’equipaggio, nega decisamente che si sia trattato di un ammutinamento. L’articolo si avvia alla conclusione con queste parole che richiamano eventi solo cronologicamente e solo apparentemente lontani nel tempo:
Certo, quello che è avvenuto sullʼEmden sul momento è stato presumibilmente solo lo sfogo spontaneo della rabbia a lungo covata di proletari in tuta blu privati di ogni diritto, non ancora dettato da una consapevolezza antimilitarista di fondo. Ma è un segno promettente del fatto che la tradizione dei marinai martiri Reichpietsch e Köbis è ancora presente, e che nei marinai della Marina tedesca sono presenti le idee di quelli che nel novembre 1918 da Kiel hanno acceso le scintille della rivoluzione divampate in fiamme lucenti in tutta la Germania4.
I testi che vanno in scena nel 1930 e che ricordano le vicende di Cattaro (1-3 febbraio 1918), di Wilhelmshafen / Kiel (3 novembre 1918) e Kronstadt (marzo 1921) con gli ammutinamenti dei marinai si collocano su un’unica linea5, che è evidentemente la necessità di non dimenticare quegli eventi, ma soprattutto di situarli nella prospettiva storico-politica della fine degli anni Venti. Cattaro, dunque, per un verso come preludio della rivoluzione di novembre: “Dopo i testi sulla guerra” – scriveva Wolf nel programma di sala della Volksbühne – “quelli sui marinai aprono già tematicamente alla rivoluzione”6.
C’è infatti chi scrive che ciò che avviene nella seconda parte del dramma di Wolf è “la tragedia della rivoluzione tedesca di novembre”7, e la “Rote Fahne” sottolinea così i parallelismi:
Il febbraio del 1918 è confluito nel novembre del 1930: lo sciopero degli operai dei cantieri navali del 1918 in quello dei metallurgici a Berlino. La partecipazione politica del pubblico è riuscita perfettamente. I traditori nelle file dei marinai sono stati “salutati” con parole come “Socialdemocratici”, “Noske” […]8.
Ma per altro verso non è un caso che nel 1936 la direzione del teatro di Leningrado proponga per la rappresentazione del dramma di Wolf il titolo Tragedia Vosstaniye / Aufstandstragödie nell’intenzione di allargare la prospettiva rispetto a quella che rischiava di essere letta come una definizione geografica troppo limitata9. 3 testi, insomma, che testimoniano la presenza di una materia ancora incandescente, per la sua evidente attualità politica. Una attualità che Friedrich Wolf dalla sua prospettiva politica richiama con grande forza:
In questi anni – 1918, 1919, 1920, 1923 – il proletariato tedesco ha vissuto le sue ore più tragiche. Allora, nella parte occidentale della Germania avevamo in mano il potere come i marinai delle navi da guerra austriache a Cattaro, avevamo i Consigli degli operai, dei marinai e dei soldati, ma non sapevamo cosa fare con questo potere […]. Le battaglie della Ruhr non potevano essere portate in scena nella Germania di Hindenburg. Così ero costretto a parlare per metafora, attraverso la parabola storica della rivolta dei ˮMarinai di Cattaroˮ 10.
Certamente a costituire il comune denominatore è il tema trattato, anche se diversamente articolato e declinato secondo le sue coordinate geografiche e politiche, dove in Toller così come nella riduzione teatrale che Erwin Piscator mette in scena del Roman der deutschen Kriegsflotte di Plievier11 è l’ammutinamento dei marinai tedeschi, mentre per Wolf è la rivolta partita dal Panzerkreuzer St. Georg della marina austro-ungarica. Ma al di là della scelta del soggetto a fare di questi testi un esempio di teatro politico, è il lavoro su una base meticolosamente documentaria. Lo testimoniano le dediche al fochista Alwin Köbis12 e al marinaio Max Reichpietsch condannati a morte dal tribunale militare di Wilhelmshafen il 25 agosto 1917 e fucilati il 5 settembre sullo Schießplatz di Wahn/Köln, dediche che aprono il romanzo di Plievier con un asciutto In memoriam e che il dramma di Toller allarga a un motto13. Una base documentaria testimoniata anche dall’utilizzazione esplicita o implicita di materiali di archivio, come la lettera del comando del porto di Cattaro sulle “Ursachen der Empörungˮ che Wolf fa precedere al suo dramma o in Toller quella, intercettata e mai consegnata, di Reichpietsch alla famiglia14, accanto a una fitta appendice di documenti. Ma, sia pure in una modalità altra, è interessante in questa direzione documentaristica anche la figura di Hans Beckers, uno dei protagonisti degli ammutinamenti di Wilhelmshafen sulla Prinzregent Luitpold e la Friedrich der Große, la cui condanna a morte insieme a Köbis e Reichpietsch viene convertita in carcere, autore delle memorie Wie ich zum Tode verurteilt wurde. Die Marinetragödie im Sommer 1917, pubblicate nel 1928. La prefazione al volume, firmata da Kurt Tucholsky con uno dei suoi pseudonimi, Ignaz Wrobel, invita, per capire come si siano veramente svolti quei fatti rivoluzionari, a leggere le fonti dirette, le pagine di chi ha partecipato a quegli eventi, uno scritto, appunto, come quello di Beckers. E Tucholsky conclude, in modo fulminante come lui usa fare: “Come sono andate le cose? Sono andate così”15. Uno Hans Beckers, il cui nome non è stato consegnato alla storia forse proprio per la commutazione della pena, che non è solo personaggio nel testo di Toller, ma che Piscator in Des Kaisers Kulis sceglierà di far recitare nel suo ruolo, facendo entrare in campo dunque non solo il documento scritto, ma anche quello umano.
Di questo puntuale ricorso alle fonti sono una testimonianza anche le interpolazioni presenti nella scrittura letteraria e tra i molti esempi possibili penso a quella dichiarazione attribuita all’esponente del Partito Socialdemocratico Indipendente Luise Zietz a cui Reichpietsch si era rivolto per cercare sostegno alle sue iniziative politiche e di organizzazione delle “Commissioni di cambusa”. “Noi dovremmo vergognarci di fronte a questi marinai: essi sono più avanti di noi”: così la Zietz nell’incontro con Reichpietsch, una dichiarazione che sulla pagina di Toller subisce una significativa virata: “Siete davvero uomini straordinari. Quelli di Wilhelmshafen dovrebbero vergognarsi davanti a voi. Lì da noi non ne abbiamo più di una dozzina”16.
Un ulteriore filo rosso che lega tra loro i testi è senza dubbio la componente autobiografica, almeno nel senso di un dato esperienziale che vede Plievier al servizio prima della Marina Mercantile come mozzo, poi della Kaiserliche Marine a bordo dell’incrociatore Wolf durante la guerra. Un’esperienza di mozzo era stata anche quella di Friedrich Wolf, cresciuto sull’acqua, come lui stesso dice17, e sulle navi da carico lungo il Reno18 per essere in seguito imbarcato come medico di bordo. E significative accanto alle fonti documentarie sono anche le letture che precedono e accompagnano la stesura dei Matrosen, dal Seewolf (1904) di Jack London a Das Totenschiff (1926) di B.(runo) Traven. Nel caso di Toller il dato autobiografico della esperienza nella Repubblica dei Consigli bavaresi e dei 5 anni di carcere a Niederschönenfeld pone necessariamente in primo piano nel testo il rapporto con la giustizia, anche se poi la sala caldaie della Friedrich der Große è descritta con la minuzia di una pianta e della sua sezione, e il gergo dei marinai conosce tutte le varianti del lessico nautico19. Tuttavia la centralità della costellazione “Recht gegen Macht”20 emerge con chiarezza nella presenza di scene di interrogatori – 5 delle 12 di cui si compone lo “Historisches Schauspiel” –, ambientate nel tribunale o nel carcere o nella commissione parlamentare d’inchiesta, che fa del lavoro di Toller un vero e proprio case study. Una particolare accentuazione dunque che stabilisce già di per sé una differenza rispetto a Wolf e Plievier, dove in Feuer aus den Kesseln il dramma appare giocato sulla contrapposizione di 3 componenti sociali, i marinai, gli ufficiali e i rappresentanti della giustizia, ciascuna delle quali è vista come un collettivo ed è insieme articolata nelle sue individualità, mentre Matrosen e Kulis concentrano lo scontro tra ufficiali e marinai, tra ponte di comando e alloggiamenti sottocoperta, tra l’alto e il basso. E Wolf, come scriveva Monty Jacobs in una recensione della prima dei Matrosen è “più onesto e più coraggioso di quelli che lo hanno preceduto”, perché mostra non soltanto “l’entusiasmo della ribellione, ma anche la delusione”21, perché individua con lucidità gli errori, i ritardi degli stessi marinai che discutono e attendono le decisioni del Comitato anziché agire. La tesi di Wolf nei suoi Matrosen è quella a cui dà voce Lenin nella citazione posta in apertura: “Mai giocare con una insurrezione: ma quando questa ha avuto inizio, occorre sapere che bisogna andare fino in fondo”22. Una citazione che conferisce un carattere apertamente politico al testo e che lo fa definire come “un dramma didattico per future rivoluzioni proletarie”23. Il motto di Lenin trova la sua conferma nell’appello che Wolf nel dramma affida al marinaio Franz Rasch mentre saluta la bandiera rossa che un compagno sta lentamente ammainando: “Compagni, la prossima volta meglio!”24, e che lo stesso Wolf precisa così al suo pubblico: “La prossima volta non come a Cattaro, ma come a Kronstadt!”25. Un critico attentissimo come Herbert Ihering sottolineava del resto, a proposito dei Matrosen, come la rivoluzione senza una sua preparazione ideologica possa essere puro dilettantismo e come l’entusiasmo possa al più essere un segnale per l’azione ma non possa in alcun modo sostituire l’organizzazione, il progetto26.
Ma è ancora un altro l’interesse di questi testi che, al di là dei temi e delle figure, passa nella strategia delle loro scrittura. Un articolo di Toller del 1928, Wer schafft den deutschen Revolutionsfilm?, risposta a un’inchiesta giornalistica e considerato dallo stesso autore nella prefazione al dramma del 1930 come una sua sintesi e insieme una sua anticipazione, si chiude proprio sul caso dei marinai Köbes e Reichpietsch27. Un film, dunque, che, se non pensato come tale, ha offerto senza dubbio una sceneggiatura nascosta, sotterranea al dramma. Nella messinscena di Plievier Piscator – che aveva pensato anche a una riduzione cinematografica28 – opera, in collaborazione con l’autore, una selezione delle parti del romanzo “integrandole con materiale documentario per mezzo di film e proiezioni, con statistiche e tabelle storiche, con riepiloghi corali sulla scena simultanea, in sostanza con tutti gli ingredienti del teatro ‘epico’ piscatoriano”29. E nelle memorie dell’editore Kindler a cui era stato proposto di collaborare come assistente alla regia, si fa riferimento anche a un’altra delle strategie utilizzate da Piscator che, in occasione della messinscena berlinese, distribuisce nella sala, tra gli spettatori, i marinai coinvolti nella vicenda sulla scena30.
L’attrazione di Wolf per il film è chiaramente leggibile tanto in alcune sue pagine dedicate al cinema sovietico31 che nei commenti affidati alle lettere alla moglie su singole proiezioni a cui assiste32. Ma è soprattutto un autentico evento cinematografico che va ricordato, ed è la prima della Corazzata Potemkin (ВРОНЕНОСЕЦ ПОТЕМКИН / Panzerkreuzer Potemkin, 1925) che ebbe luogo all’Apollo Theater di Berlino il 29 aprile 1926. Wolf, che sulla scia delle teorie sovietiche, considerava il film un mezzo di agitazione delle masse di grande importanza33, aveva già visto un’anteprima a Überlingen nell’inverno del 192634 e avrebbe partecipato all’organizzazione di proiezioni notturne per i lavoratori35.
L’influsso del film di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn sulla scrittura dei testi presi in esame non passa soltanto attraverso il tema della rivolta del 1905, come pure molte recensioni tendono a portare in primo piano36, non solo attraverso il grande tema della solidarietà, o quello del vitto a bordo, dove i vermi nella carne del Potemkin diventano i vermi nel pesce sugli incrociatori tedeschi. Sia in Toller che in Wolf è proprio il montaggio delle scene che sembra organizzato secondo uno sguardo marcatamente filmico. La vicenda dell’ammutinamento e gli avvenimenti sul mare in Feuer aus den Kesseln sono costruiti come una serie di flashback rispetto alla scena di apertura del dramma. Cronologicamente fissata all’estate del 1926, la scena iniziale si chiude, si potrebbe dire, con una dissolvenza là dove il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta comunica: “I testimoni […] sono presenti. Cominciamo con la battaglia dello Skagerrak…”37. Così la grande carta geografica proiettata su un telo ancora prima dell’inizio del dramma38, la disposizione dell’equipaggio nella sala caldaie, le segnalazioni luminose e, soprattutto, l’uso della luce che illumina una dopo l’altra, in successione, le celle dei prigionieri per chiudere poi la scena sul buio sono tutti elementi che costruiscono il testo come una serie serrata di sequenze cinematografiche.
Ancora più debitori del Potemkin sembrano i Matrosen di Wolf, almeno nella scenografia curata da Nina Tokumbet: “Una scena straordinaria” − commenta lo stesso Wolf − “l’azione si svolge arrivando fino in testa d’albero, fino ai pennoni e alle torretteˮ “39. E forte è la fascinazione di quel gigantesco incrociatore sullo sfondo, che incombe inquietante e che riprende la monumentalità di Ėjzenštejn40.
Due voci per concludere.
Quella di Harry Graf Kessler che aveva avuto ragione quando in una pagina dei suoi fluviali diari il 7 novembre 1918 aveva registrato come la fisionomia della rivoluzione cominciasse a profilarsi proprio in rapporto alle rivolte sulle navi:
Progressiva presa di possesso, a macchia d’olio, da parte dei marinai ammutinati a partire dalla costa. Stanno isolando Berlino che ben presto rimarrà davvero un’isola. Contrariamente alla Francia, è la provincia a rivoluzionare la capitale, il mare la terra: strategia vichinga41.
E quella di Ernst Toller nel capitolo Rivoluzione di Eine Jugend in Deutschland (1933):
I marinai della flotta, gli azzurri ragazzi del Kaiser, si rivoltano per primi. La flotta d’alto mare deve staccare gli ormeggi, gli ufficiali preferiscono “il naufragio onorevole alla pace vergognosa”; i marinai, che già nel 1917 erano stati i pionieri della rivoluzione, rifiutano obbedienza, spengono le caldaie; seicento uomini vengono imprigionati; e i marinai abbandonano le navi, assaltano le prigioni, conquistano la città di Kiel; gli operai dei cantieri si uniscono a loro, la rivoluzione tedesca è incominciata42.
1 Il cognome originario dello scrittore era Plivier, che nel 1933 verrà da lui cambiato in Plievier.
2 La notizia era già stata riportata il giorno precedente su “Die Welt am Abendˮ, una delle testate di Willi Münzenberg, figura di spicco della KPD.
3 Era uno dei Konzerne nelle mani di Alfred Hugenberg, dal 1928 Presidente della Deutschnationale Volkspartei (DNVP).
4 “Gewiß, was sich da auf dem Emden ereignete, war vorerst wohl nur ein spontaner Ausbruch der lang aufgespeicherten Wut entrechteter Proletarier im blauen Kittel, war noch nicht von der grundsätzlichen antimilitaristischen Erkenntnis diktiert. Aber es ist ein verheißungsvolles Zeichen dafür, daß die Tradition der Matrosenmärtyrer Reichpietsch und Köbis wach ist, und daß in den Matrosen der deutschen Reichsmarine die Gesinnung derer lebt, die im November 1918 von Kiel aus die Funken der Revolution in ganz Deutschland zu hell lodernden Flammen entfachten.” (Rote Fahne auf Kreuzer Emden. Die Matrosen meutern und singen die Internationale, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, Reclam, Leipzig 1988, pp. 85-87 [qui p. 87]).
5 Hans Natonek, Der Fahnenwechsel. Die Matrosen von Cattaro – Matinee am Schauspielhaus, in “Neue Leipziger Zeitung”, 13.4.1932, ivi, pp. 233-235 (qui p. 233). Ma cfr. anche le pagine 164 e 166.
6 “Nach den Kriegsstücken führen die Matrosenstücke thematisch schon hinüber zur Revolution” (Friedrich Wolf, Aus dem Programmheft, ivi, pp. 132-133 [qui p. 132]).
7 Friedrich Wolf, Sturm gegen § 218. Als Broschüre herausgegeben vom Kampfausschuß gegen § 218 und für die Verteidigung Dr. Fr. Wolfs und Frau Dr. Kienles, 1931, ivi, p. 97.
8 Durus (i.e. Alfred Kemény), Matrosenaufstand und Halleluja. Eine Woche politisches Theater, in “Die Rote Fahne”, 19.11.1930, ivi, pp.174-175 (qui p.175).
9 Cfr. la lettera della direzione del Großes Dramatisches Theater di Leningrado a Friedrich Wolf del 13.11.1936 in occasione della messinscena dei Matrosen, ivi, p. 253.
10 “In diesen Jahren – 1918, 1919, 1920, 1923 – erlebte das deutsche Proletariat seine tragischsten Stunden. Wir hatten damals im Westen Deutschlands militärisch die Macht in Händen wie die Matrosen der österreichischen Kriegsschiffe in Cattaro, wir hatten Arbeiter- Matrosen- und Soldatenräte, aber wir wußten mit unserer Macht nichts anzufangen […]. Die[se] Ruhrkämpfe konnte man im Hindenburg-Deutschland nicht auf der Bühne zeigen. So mußte ich durch die Blume sprechen, im historischen Gleichnis des Aufstands der Matrosen von Cattaro” (Friedrich Wolf, Aufsätze 1919-1944, Aufbau, Berlin und Weimar 1967, pp. 464-466, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 111-113 [qui pp. 112-113]).
11 Pubblicato nel 1929 presso il Malik Verlag di Wieland Herzfelde.
12 In realtà il nome di Köbis era Albin e non Alwin come scrive Plievier (cfr. Daniel Horn, The German Naval Mutinies of War World I, Rutgers University Press, New Brunswick, N.J. 1969 e Maggie Sargeant, Roman der deutschen Kriegsflotte oder Roman der geschundenen Arbeiter? Theodor Plievier: Des Kaisers Kulis (1930), in Thomas F. Schneider, Hans Wagener [a cura di], Von Richthofen bis Remarque. Deutschsprachige Kriegsprosa zum ersten Weltkrieg, Rodopi, Amsterdam 2003, pp. 359-373 (qui p. 360). Toller si limita invece ai soli cognomi dei personaggi, tranne nel caso di Anna Köbis, la sorella del marinaio, e di Lucie, la ragazza del locale in cui si radunano i rivoltosi, due personaggi che, non a caso, sono ‘inserti’ d’invenzione e non appartengono alla ‘cronaca’ dei fatti.
13 “Chi prepara il cammino / muore sulla soglia, / ma davanti a lui si inchina / in segno di rispetto la morte. In memoria dei marinai Köbis e Reichpietsch, fucilati il 5 settembre 1917” (“Der die Pfade bereitet, / stirbt an der Schwelle, / doch es neigt sich vor ihm / in Ehrfurcht der Tod. Dem Andenken der Matrosen Köbis und Reichpietsch, erschossen am 5. September 1917”, in Ernst Toller, Gesammelte Werke, John M. Spalek, Wolfgang Frühwald (a cura di), vol. 3: Politisches Theater und Dramen in Exil [1927-1939], Hanser, München 1978, p. 327).
14 La lettera che conteneva la preghiera ai genitori di inoltrare una richiesta di grazia venne intercettata dal comando militare.
15 Ignaz Wrobel, Wie war es? So war es, in Hans Beckers, Wie ich zum Tode verurteilt wurde. Die Marinetragödie im Sommer 1917, Ernst Oldenburg, Leipzig 1928, p. 10.
16 “Ihr seid ja Prachtkerls. Da müssen sich die Arbeiter in Wilhelmshafen vor Euch schämen. Dort haben wir kaum ein Dutzend” (cfr. Heinrich August Winkler, La Repubblica di Weimar. 1918-1933: storia della prima democrazia tedesca, Donzelli, Roma 1998, p. 98).
17 Friedrich Wolf, Weshalb schrieb ich Die Matrosen von Cattaro? (1935), in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp.111-113 (qui p.111).
18 Friedrich Wolf, Aus meinem Leben (1930), ivi, pp. 93-95 (qui pp. 93-94).
19 Si veda in particolare la seconda scena (Ernst Toller, Feuer aus den Kesseln, in Ernst Toller, Gesammelte Werke, vol. 3, cit., pp. 119-183 (qui p. 124).
20 Cfr. il cap. Zwischen Masse und Mensch. Ernst Toller von der Wandlung bis Hoppla, wir leben! und Feuer aus den Kesseln, in Klaus Kändler, Drama und Klassenkampf, Aufbau, Berlin und Weimar 1970, pp. 260-297 (qui p. 293).
21 “nicht nur den Rausch, auch den Katzenjammer der Rebellion” (Monty Jakobs, Die Matrosen von Cattaro, in “Vossische Zeitung”, 10.11.1930, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 158-160 [qui p. 159]).
22 “Nie mit dem Aufstand spielen: wenn er aber begonnen ist, dann wissen, daß man bis zum Ende gehen muß” (Friedrich Wolf, Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 5-78 (qui p. 5). Questa edizione, come lo stesso scrittore racconta, “in Germania fu boicottata dall’intero mercato librario borghese proprio per queste parole di Lenin” (Friedrich Wolf, Wie ich zur revolutionären Arbeiterschaft kam, in Literatur der Weltrevolution. Zentralorgan der internationalen Vereinigung revolutionärer Schriftsteller”, n.3 / 1931, ivi, pp. 93-95 (qui p. 95).
23 “ein Lehrstück für kommende proletarische Revolutionen” (Durus, Die Matrosen von Cattaro, in “Die Linkskurve”, a. XII/1930, p. 31, ivi, pp. 176-178 [qui p. 177]; cit. in Klaus Hammer, Nachwort. Die Matrosen von Cattaro – Das politische Lehrstück Friedrich Wolfs, ivi, pp. 401-411 [qui p. 404]).
24 “Kameraden, das nächste Mal besser!” (Friedrich Wolf, Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., p. 76). Non a caso questo diventerà il nuovo motto di una successiva edizione del testo (cfr. Friedrich Wolf, Die Matrosen von Cattaro, in Günther Rühle, Zeit und Theater, Bd. IV: Von der Republik zur Diktatur 1925-1933, Ullstein, Frankfurt am Main-Berlin-Wien 1980, pp. 535-600 [qui p. 535]).
25 Friedrich Wolf, “Kameraden! Das nächste Mal besser! ” Die Matrosen werden verboten, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 97-98 (qui p. 98). In modo analogo Wolf si esprime nel già citato articolo Warum schrieb ich Die Matrosen von Cattaro? (1935): “Non fate come questi marinai di Cattaro, una volta che avete cominciato, ma fate come i marinai di Kronstadt nell’ottobre 1917!” (Friedrich Wolf, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 111-113 [qui p. 113]).
26 Cfr. Herbert Ihering, Schlußwort, in “Das Tagebuch”, 29.11.1930, ivi, pp. 192-193 (qui p. 192).
27 Ernst Toller, Wer schafft den deutschen Revolutionsfilm?, in Ernst Toller, Gesammelte Werke, cit., vol. 1: Kritische Schriften Reden und Reportagen, pp. 117-119. Così il preciso riferimento di Toller nella prefazione al dramma: “Lo schema è stato concepito nel 1928. Il suo abbozzo è stato pubblicato su “Welt am Sonntag” il 5 novembre 1928”.
28 Cfr. Sascha Kiefer, “Mehr als erlebt” – Flottenkrieg und Matrosenrevolte bei Theodor Plivier, Ernst Toller und Friedrich Wolf, in Sabine Kyora, Stefan Neuhaus (a cura di), Realistisches Schreiben in der Weimarer Republik, Königshausen & Neumann, Würzburg 2006 pp. 181-192 (qui p. 182, nota 7).
29 Burkhard Schmiester, Collettivi teatrali socialisti in Germania (1928-33), in Paolo Chiarini (a cura di), Teatro nella Repubblica di Weimar, Officina Edizioni, Roma 1988, pp. 364-388 (qui p. 371).
30 Cfr. Helmut Kindler, Zum Abschied ein Fest: Die Autobiographie eines deutschen Verlegers, Kindler, München 1991 (cap. 8: Schulabgang [1930]).
31 Cfr. Friedrich Wolf, Was verdanken wir dem Sowjettheater und dem Sowjetfilm, in “Internationale Literatur”, H.11/12, 1942, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp. 91-93 e Der Film in der Sowjetunion, in “Tägliche Rundschau”, 5.12.1945
32 Cfr. Quellen Friedrich Wolfs für sein Stück Die Matrosen von Cattaro, ivi, pp. 80-82 (qui p. 81).
33 Cfr. Friedrich Wolf, Was verdanken wir dem Sowjettheater und dem Sowjetfilm, cit., p. 91.
34 Cfr. Quellen Friedrich Wolfs für sein Stück Die Matrosen von Cattaro, cit, p. 81.
35 Cfr. Friedrich Wolf, Was verdanken wir dem Sowjettheater und dem Sowjetfilm, cit., p. 91.
36 Cfr. Friedrich Wolf, Sturm gegen § 218, cit., dove si cita la recensione sulla “Vossische Zeitung” e quanto scriveva Bernhard Diebold vedendo il motivo dell’ammutinamento nei 3 testi portati sulla scena nel 1930 collocato “sotto la grande ombra del padre Potemkin” (“Frankfurter Zeitung” 10.11.1930, ivi, pp. 160-163 [qui p. 160]). Ma si veda anche la recensione su “Berlin am Morgen” che nei Matrosen sente rivivere “lo spirito del Potemkin” (ivi, pp. 163-166 [qui p. 164]).
37 “Die Zeugen […] sind anwesend. Wir beginnen mit der Skagerrakschlacht…” (Ernst Toller, Feuer aus den Kesseln, cit., p. 123).
38 Cfr. la recensione di Max Osborn sulla “Berliner Morgenpost”, 11.11.1930, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., pp.166-167 (qui p. 166).
39 “Eine tolle Scenerie, das Stück spielt bis in die Masten hinauf, bis in die Rahen und Gefechtstürme” (Friedrich Wolf an Else Wolf, 30.10.1930, in Die Matrosen von Cattaro. Stücktext / Dokumente zur Wirkungsgeschichte, cit., p. 114).
40 Ivi, p. 100. Ma cfr. anche la recensione di Bernhard Diebold, ivi, pp.160-163 (qui p. 162).
41 Cfr. Heinrich August Winkler, op. cit., p. 21.
42 Ernst Toller, Eine Jugend in Deutschland, in Gesammelte Werke, cit., Bd.4: Eine Jugend in Deutschland, p. 109. Querido, Amsterdam 1933 / (Emilio Castellani (a cura di), Una giovinezza in Germania, Einaudi, Torino 1972, p. 119).