Nicoletta Gagliardi
(Università degli Studi di Salerno)
ngagliardi@unisa.it
Abstract
Übersetzen ist ein kultureller Prozess besonderer Art, anders gesagt eine besondere Art von soziokultureller Praxis, die die interkulturelle Kommunikation ermöglichen oder erschweren kann. Juliane House (1997, 2015) unterscheidet zwei Übersetzungsarten, die sie offene und verdeckte Übersetzung nennt. Die Wahl des Übersetzers zwischen offener und verdeckter Übersetzung hängt jedenfalls von mehreren Faktoren ab. Mein Beitrag untersucht die Übersetzung des Erfolgsromans von Ernst Glaeser „Jahrgang 1902“ (1928) ins Italienische auf der Basis einer empirisch kontrastiven Forschung. Für die Analyse spielen das Zusammenspiel der beiden Faktoren innersprachlicher Instruktionen (lexikalische, semantische und stilistische) sowie außersprachlicher Determinanten (pragmatische und kulturelle Komponenten) und seine Bewältigung durch die Übersetzerin eine entscheidende Rolle. In einigen Passagen des Romans wird eine verdeckte Übersetzung wegen (Auto-)Zensur beobachtet, die von der historischen Zeit beeinflusst ist, in der der Roman geschrieben und übersetzt wurde.
Abstract
Translating is a special kind of cultural process, in other words a special kind of socio-cultural practice that can enable intercultural communication or make it difficult. Juliane House (1997, 2015) distinguishes two types of translation, which she calls overt and covert translation. The choice of the translator between overt and covert translation depends on several factors. This paper examines the translation of Ernst Glaeser’s successful novel „Class 1902“ (1928) into Italian on the basis of an empirically contrastive analysis. The interplay between the two factors of linguistic features (lexical, semantic and stylistic) and other determinants (pragmatic and cultural components) and their mastery by the translator play a decisive role for the analysis. In some passages of the novel, a covert translation due to (auto-) censorship is observed, which is influenced by the historical time in which the novel was written and translated.
Niemand fragte uns, was wir dachten. Der Krieg gehörte den Erwachsenen, wir liefen sehr einsam dazwischen herum. Wir glaubten an nichts, aber wir taten alles. Längst wußten wir, daß der Krieg eine schlimme Krankheit ist, den wir sahen, wie jeder versuchte, sich vor ihm zu drücken.
(E. Glaeser, Jahrgang 1902, 1928)1
A dieci anni dalla fine del primo conflitto mondiale, la guerra riaffiora nella letteratura tedesca: nel novembre 1928, sulla Vossische Zeitung, esce in anteprima a puntate Im Westen Nichts Neues di Erich Maria Remarque che, pubblicato in volume nel gennaio del 1929, diventa immediatamente un grande successo editoriale2, che viene anticipato da Jahrgang 19023 di Ernst Glaeser, e da Krieg di Ludwig Renn pubblicati nel 19284. Furono più di duecento i Kriegsromane (o Antikriegsromane) apparsi sul mercato librario tedesco tra il 1928 e il 19335. In un articolo su La Stampa nel 1929, Enrico Rocca definisce la nascita dei Kriegsromane come un “processo efficace della Germania letteraria contro la Germania politica e spirituale del passato”. L’interesse degli italiani nei confronti dell’elaborazione della guerra da parte del popolo tedesco emerge già nell’articolo di Rocca: “Perdere la guerra. Se per un’istante, allora, questa terribile ipotesi – subito con impetuoso orrore respinta – poté attraversarci il cervello, ce ne sentimmo come paralizzati, il sangue fatto gelo. Per alcuni popoli l’ipotesi è diventata realtà. […] Il popolo tedesco entra in guerra con grande entusiasmo anche perché persuaso d’essere stato attaccato, combatte valorosamente, si dissangua su tutte le fronti, supporta privazioni senza numero e senza nome anche quando non crede più, per svegliarsi finalmente alla fosca luce della sconfitta”6.
Queste “opere pregne di sangue, di dolore e di non espressa ribellione” – come scrive Lavinia Mazzucchetti recensendo i primi romanzi di guerra per “I libri del giorno”– rompevano il silenzio e infrangevano quel luogo comune “editoriale, librario e borghese” secondo cui non bisognava parlare di guerra: “La guerra ritorna. Ritorna nel ricordo, ritorna nella creazione letteraria come volontà di pace, come fantasma di orrore, come grottesca assurdità del male, come grandiosa scuola di sofferenza e di rassegnazione”7.
La pubblicazione di Jahrgang 1902 s’inserisce quindi in un’epoca interessante per la ricezione della letteratura tedesca, e più in generale straniera, in Italia. Mario Rubino fa presente che il 1929 vide partire più o meno affiancate tre collane di narrativa straniera:
– “Scrittori di tutto il mondo”, che diventerà la struttura portante della Modernissima, libreria editrice milanese;
– “I romanzi della vita moderna” di Bemporad e Figlio (Firenze);
– “Narratori nordici” di Sperling & Kupfer (Milano)8.
Alla Bemporad, che pubblica Jahrgang 1902 nella collana “I romanzi della vita moderna” (volume n. 2), va riconosciuto l’indubbio merito – così Rubino – di aver percepito con tempestività (a differenza delle due grandi case editrici letterarie del momento, Treves e Mondadori) il nuovo orientamento dei gusti di un ampio pubblico: “Più che per una ben individuabile idea programmatica di fondo la collana va in ogni caso ricordata come il primo esempio di un impegno organico in questo settore da parte di uno degli editori maggiori e di più lunga tradizione”9. Quindi, in risposta ad una accresciuta domanda da parte del pubblico nel contesto temporale di due gravi crisi economiche – quella dell’immediato dopoguerra e quella internazionale del 192910 – si assiste all’epoca ad un boom di narrativa straniera in traduzione e alla conseguente polemica (iniziata sulla rivista fiorentina “Il Bargello”) sull’eccessiva facilità con cui in Italia si pubblicavano traduzioni di opere straniere, alimentando una vera e propria soggezione da cui bisognava affrancarsi. Enrico Bemporad (nella sua risposta nel 1931 apparsa sul “Giornale della Libreria”, dal titolo La traduzione di libri stranieri in Italia e di libri italiani all’Estero) sosteneva che si trattasse di libri che rispondevano “a concezioni di vita meno comuni” e soddisfacevano “il desiderio di azione e di avventura determinate dalla guerra mondiale e rispondente allo spirito attuale del nostro popolo”. Ancora Bemporad giustificava così il “suo” successo editoriale: “La politica internazionale e i gravi problemi del momento avendo assunto, specie per opera dei giornali, dal dopoguerra in poi, una grande importanza per tutti, ne è derivato anche nel pubblico italiano un grande interesse per la vita e quindi per la letteratura dei popoli la cui conoscenza era prima privilegio dei pochi. Da qui l’abbondare di traduzioni”11.
Va inoltre sottolineato il fatto che proprio tra gli Anni Venti e Trenta in Italia vi è una riflessione e un’attenzione sempre maggiore sulla prassi traduttoria, a favore di una pratica più attenta e scrupolosa. Infatti tra il 1918 e il 1938, riviste letterarie come “L’Italia che scrive” di Formiggini, e “I libri del giorno” di Treves non mancarono di commentare il lavoro dei traduttori, per cui nel corso degli Anni Trenta si cominciò lentamente a diffondere la tendenza a combattere certe strategie di edulcorazione e a promuovere, almeno nelle intenzioni, un nuovo approccio alla traduzione che tenesse in maggiore considerazione il principio di fedeltà al testo di partenza12.
Tuttavia, agli inizi degli Anni ’30 la polemica sulle traduzioni era in pieno svolgimento e l’alimentavano gelosie e risentimenti di autori italiani che vedevano nei successi della narrativa straniera una forma di concorrenza sleale, alla quale il regime doveva porre rimedio13. In questa fase, però, il regime fece ricorso alla censura solo saltuariamente e quasi mai in fatto di traduzioni, essendo propenso a dare di sé un’immagine liberale e a favorire persino una sorta di “internazionalismo culturale’ (Ben-Ghiat 2000, Rubino 2002). Molto fecero anche la nuova leva di mediatori culturali14 che furono in grado di tenersi al corrente e di informare circa le novità letterarie dei paesi di lingua tedesca e la disponibilità di un’editoria in crescita e alla ricerca di nuovi prodotti – di successo – da immettere sul mercato. Decisiva fu comunque la risposta positiva da parte del pubblico.
Come dimostrano gli studi di Rundle (2000, 2010), fino ai primi anni Trenta in Italia il regime non ostacolò il considerevole flusso di traduzioni, quando però con l’inizio della guerra coloniale ci fu un sempre maggiore controllo sul mondo culturale, consapevoli di temi scomodi come pacifismo, aborto, incesto, suicidio, sessualità, emancipazione femminile, comunismo o episodi che mettessero l’Italia in cattiva luce, gli editori e i traduttori optarono spesso per la rimozione dai testi degli elementi che avrebbero incontrato la resistenza del regime, a mo’ di autocensura preventiva, evitando così sazioni governative o inutili costi di pubblicazione15. Le indagini sulla prassi traduttoria della narrativa tedesca nell’Italia degli Anni 30 di Rubino (2002) e di Barrale (2010, 2011) hanno dimostrato come l’autocensura preventiva dei traduttori abbia spesso annullato quegli aspetti realistici e innovativi dei romanzi (motivati dal successo della narrativa della Neue Sachlichkeit in Germania) e sia andata incontro alla scelta editoriale di riduzione della dimensione dei romanzi, dati i crescenti costi di produzione. In ogni caso, i romanzi di guerra tedeschi furono da subito un genere di successo in Italia perché rappresentavano per i lettori italiani una duplice attrattiva: soddisfare la loro generale curiosità per la letteratura contemporanea e avere la possibilità di ripercorrere il conflitto mondiale con gli occhi di un paese ex alleato, divenuto poi avversario e infine sconfitto.
Jahrgang 1902 – Classe 1902
La pubblicazione in Italia nel 1930 di Jahrgang 1902, con il titolo di Classe 1902 nella traduzione di Teresina Bagnoli Campani16, non suscitò reazioni del tutto positive. Già Lionello Vincenti, recensendo l’edizione tedesca su “La Stampa” (9 maggio 1929) e riferendosi anche alle interviste successivamente rilasciate da Glaeser, non si dichiarava disposto a seguirlo nei suoi “filosofemi”, che “in quanto valutazioni storiche han troppo di semplicistico e di utopico”. Mentre Giuseppe Raimondi, s “Solaria” (1930), trovò nel “realismo del Glaeser un tono crudo e sbrigativo, quasi programmatico, a confronto del quale il “verismo” di Zola e di altri scrittori francesi della scuola di Médan ha risonanze patetiche, e “cadenze da idillio”, osservando inoltre: “qui è forse il punto debole di una simile arte: l’intenzione polemica […] si caricano le tinte, si calca sui contorni: contrasti violenti, e un fondo generalmente grigio”17. Enrico Rocca – nell’articolo già citato su “La Stampa” del 1929 – lamentò il fatto che Glaeser si avvantaggiasse “per la sua critica antibellica e antiborghese”, dell’intransigenza troppo ovvia nei giovani “non ancora partecipi alle lotte e ai compromessi per la vita”. Agli occhi del ragazzo il mondo degli adulti appare “pieno d’odio, di bassezze e d’ipocrisia: professori militaristi contro ebrei indifesi, polizia contro popolo, tutto il filisteismo locale contro chi non partecipa all’infatuazione pangermanista”, e il romanzo si rivela così una “acredine polemica”. Meno duro, pur con qualche riserva, appare invece il giudizio di Lavinia Mazzucchetti su “I libri del giorno” che sostiene: “questa autobiografia del fanciullo che nella guerra è passato dalla infanzia alla giovinezza tradisce una contraddizione tra la forma di diario contemporaneo e il carattere riflesso e mediato di ogni pensiero e di ogni parola. Il romanzo manca di verità artistica, ma Glaeser è dotato di innegabile capacità narrativa, ed è abile nel creare una accorta miscela di fosco e sereno”18.
Gran parte del successo editoriale di Jahrgang 1902 – un vero e proprio cultbook dell’epoca, tradotto in 20 lingue poco dopo la sua pubblicazione – si deve alla narrazione della guerra dalla prospettiva familiare di chi è rimasto a casa e di cui poco allora si conosceva. Una prospettiva che anche in anni molto recenti è tornata nelle librerie grazie alle ristampe – non in Italia – di Jahrgang 1902 e alla riscoperta e pubblicazione anche in italiano di corrispondenze e diari dei ragazzi della Grande Guerra19. Ma, nonostante lo sforzo delle recensioni dell’epoca a vedere nel testo un documento storico, il romanzo resta un’opera letteraria e va letta e indagata come tale. Il protagonista rappresenta quella generazione di bambini abbandonati a loro stessi per la guerra, intento a scoprire il mistero del sesso e poi, una volta scoppiata la guerra, a comprendere il vero significato della guerra. Il romanzo stesso si divide in due parti. Nella prima, Der Aufmarsch (in trad. it. “Verso il fronte”), già l’incipit presenta la preparazione alla guerra nelle menti dei giovani e delle loro famiglie:
Jahrgang 1902 (1929, p. 7) |
Classe 1902 (1930, p. 7) |
“Stillgestanden!” “Die Augen rechts!” “Abzählen!” “Eins – Zwei – Drei – Vier – Fünf – Sechs – Sieben – Acht – Neun – ” “Zehn!” – das war Ferd. “Elf!” – das war ich. “Dreizehn! …” “Halt!” Die Augen des Dr. Brosius, Klassenführer und Turnlehrer der Quarta, suchen die Front ab. |
– Attenti. Destr riga… Dalla destra numero! “Uno – Due – Tre – Quatto – Cinque – Sei – Sette – Otto – Nove…” “Dieci”, ed era Ferd. “Undici” ero io. “Tredici…” – Alt! – Gli occhi del professor Brosius, istruttore e maestro di ginnastica della Quarta, cercano lungo il fronte. |
Nella seconda parte, intitolata Der Krieg (“La Guerra”) avviene un’evoluzione della percezione della guerra da parte del protagonista. Già quindi nella struttura del romanzo, definito Manifest einer verlorenen Generation20, quella dello scrittore e di tutti coloro che sono nati nel 1902 e che s’identificano nella narrazione, facendo sì che il 1902 sia cifra di disillusione e di emancipazione, l’autore sottolinea che la guerra ha inizio come atteggiamento, dal principio mira a preparare mentalmente le persone e solo successivamente a formare le truppe. Il giovane E., protagonista e narratore delle vicende, non è né un ribelle né un eroe, ma un conformista che non si è adattato, “ein Insider als Outsider’” (Hermand, Trommler 1978), come si può notare nell’ironia che sottende tutto il romanzo – spesso “sfruttando” il punto di vista del bambino – e che è presente in alcuni esempi scelti in questa sede.
Dopo aver contestualizzato la pubblicazione del romanzo in Germania e soprattutto in Italia, si considerano nel seguito alcuni passi in tedesco e in traduzione italiana per dimostrare che l’analisi sulla traduzione di Jahrgang 1902 deve prendere in considerazione le questioni relative al gusto letterario e alla lingua letteraria dell’epoca senza però tralasciare le politiche editoriali e il contesto storico in cui è nato.
Riferimenti teorici
L’indagine che segue si sofferma in particolare su riferimenti culturospecifici nel testo in originale e in traduzione italiana, per poi applicare il modello di Juliane House per la valutazione della qualità della traduzione che indaga ciò che la traduzione è nella sua essenza: un atto linguistico e insieme un atto comunicativo tra diverse culture21. Il modello interdisciplinare, più volte rivisitato dalla studiosa (1977, 1997, 2015)22, si presta a continui aggiornamenti e integrazioni, non perdendo di vista il presupposto fondamentale della prassi traduttiva, e cioè la contestualizzazione del testo originale e la sua ricontestualizzazione nella traduzione.
Lo scopo della traduzione è pur sempre il dialogo efficace tra parlanti di lingue e culture differenti e nell’analisi delle traduzioni si può affermare che i traduttori “intervengono” nei testi per rispondere alle attese, ipotetiche o reali, dei lettori. Pertanto il processo traduttivo, come mezzo di rappresentazione dell’altro è utile per spiegare elementi caratterizzanti l’uso della lingua e culturospecifici, portatori d’identità. Non è possibile tracciare un confine netto tra quegli elementi verbali che possono essere considerati elementi culturospecifici o realia e quelli che non lo sono. Per valutare la rilevanza di questi elementi in un determinato testo va considerato il contesto, il tipo di testo e il ricevente del testo di arrivo. Nel caso dell’autore preso in esame, tra gli elementi culturospecifici più critici e difficili da individuare nel testo di partenza si devono considerare quelli fortemente connotati e contestualizzati secondo specifiche convenzioni linguistiche e culturali che appartengono all’epoca in cui è stato concepito il romanzo. E, perché siano compresi nel testo di arrivo, è importante che sia condivisa (o almeno conosciuta) la stessa esperienza che include competenza linguistica, pragmatica, socioculturale. Si è privilegiato quindi un approccio contrastivo tra testo di partenza e testo di arrivo, come suggerito dalla teoria della traduzione comunicativa di Juliane House in quanto la traduzione è caratterizzata fondamentalmente da un “doppio legame”, quello verso il testo di partenza e quello verso le esigenze communicative nella lingua-cultura della comunità di arrivo. Se si osserva attentamente il testo originale e le strategie traduttive adoperate di volta in volta da chi ne ha curato la traduzione, si verificherà se il testo d’arrivo si orienta verso la lingua-cultura di partenza oppure verso la lingua-cultura d’arrivo. Sin dall’elaborazione del suo primo modello, Juliane House distingue due tipi di traduzione: la overt e la covert translation, ovvero la traduzione “manifesta” e la traduzione “nascosta” facendo riferimento alla distinzione di Schleiermacher tra verfremdende e einbürgernde Übersetzungen (1813)23. Per la studiosa, la traduzione manifesta è l’ideale per la traduzione della letteratura perché è facilmente individuabile lo sforzo del traduttore nel mantenere “estraneo” il tono della lingua. Seguendo Juliane House, in una traduzione “manifesta” vi è quindi la compresenza di lingua di partenza e di arrivo, soprattutto quando il testo ha specificità spaziali e temporali e rappresenta una varietà linguistica, geografica o sociale. La traduzione “nascosta” invece è per House una sorta di illusione perché la traduzione sembra un “secondo originale”. Tuttavia una traduzione nascosta, scorrevole e immediata come un originale, è ritenuta l’ideale da molti studiosi di traduzione anche per i testi letterari. Per ottenere questa “seconda originalità” nel testo di arrivo, il traduttore applica un “filtro culturale” (altrove si specifica che è meglio parlare di filtro “linguistico-culturale”24) tra testo di partenza e testo di arrivo, che agisca a qualsiasi livello (semantico e pragmatico) e che guardi l’originale attraverso le lenti della cultura d’arrivo dei destinatari. Juliane House evita di esporre norme prescrittive riguardo alla scelta tra i due tipi di traduzione overt/covert, che possono anche coesistere all’interno di uno stesso testo tradotto. Inoltre, è chiaro che lo scopo specifico per cui una traduzione è richiesta, insieme ad altri fattori, determina la scelta tra traduzione “manifesta” o “nascosta” di un testo, condizionando così anche l’equivalenza funzionale del testo (dove la funzione testuale è la corrispondenza o l’uso che il testo ha nel particolare contesto situazionale). La traduzione mira ad una pronta ed efficace comprensione per il lettore del testo di arrivo, anche se comporta una serie di perdite nel caso di un testo molto espressivo, a beneficio dello stesso effetto prodotto dall’originale sui lettori della lingua di partenza. L’applicazione del Translation Quality Assessment risulta interessante per l’interdisciplinarietà prevista dalla studiosa nell’applicazione del suo modello e la riflessione sulla funzione del testo nel contesto originale e nella sua ricontestualizzazione in traduzione25.
Nel corso degli anni, la rivisitazione del modello di House introduce il concetto di “genere”, che, in termini di frequenza d’uso, fonte e scopi comunicativi, collega la funzione testuale (che lo esemplifica) al registro (che lo realizza). Quindi, la traduzione “manifesta” deve mirare ad un’equivalenza a livello di genere, registro, linguaggio/testo e di funzione “secondaria” (cioè non a livello di funzione “primaria”, che è quella del testo di partenza). Invece, la traduzione “nascosta” ha per obiettivo l’equivalenza a livello di funzione “primaria” (come “secondo originale”) e di genere. Importanti sono anche i concetti, ripresi da M.A.K. Halliday (1985/1989)26 di: “campo”, che comprende anche lo scopo del messaggio, il suo contenuto, i partecipanti e le loro conoscenze, condivise e non; il “tenore” che indica il rapporto tra emittente e ricevente in termini soprattutto di potere e di distanza sociale e di “tono” della comunicazione. In questa categoria si fanno includere la provenienza temporale, geografica e sociale, e la posizione emotiva e intellettuale dei partecipanti; infine, il “modo” mostra gli elementi di “funzionamento” della comunicazione tra locutore e ascoltatore in relazione alla situazione, come il mezzo (scritto/orale) e la partecipazione (potenziale/reale) all’evento comunicativo.
Nell’ambito del “campo”, l’analisi si concentra prevalentemente sui contenuti del romanzo, per “tenore”, sono prese in esame le scelte lessicali e sintattiche nella considerazione della distanza, del ruolo sociale, del comportamento sociale di chi narra e della partecipazione alla narrazione. E insieme al “modo” perché funzioni la comunicazione tra autore e lettore, l’analisi si focalizzerà sul mezzo (oralità vs. scrittura), presupponendo la struttura informativa (tema-rema) e i principi di coerenza e di coesione testuale. Nella pratica, il TQA, il procedimento di valutazione di House, consiste nell’individuazione del source text profile e della sua funzione, provvedendo ad uno statement of quality che prenda nota delle corrispondenze e/o delle mancate corrispondenze di “genere” e “registro” e commenti sulle scelte traduttive condizionate dall’epoca.
Confronto tra TP e TA
Il presente lavoro intende confrontare la traduzione letteraria nell’epoca tra le due guerre di Jahrgang 1902/Classe 1902, considerando alcuni passaggi selezionati in tedesco e in traduzione italiana. L’indagine si limita a menzionare passi che si è voluto ricondurre a esempi riguardanti a.) l’uso del parlato e di varietà dialettali, b.) la censura / autocensura e infine c.) l’ironia.
– Uso del parlato e di varietà dialettali
Il prof. Brosius, maestro di ginnastica della classe, che parla sempre berlinese tutte le volte che vuol prendere in giro qualcuno, viene tradotto in italiano standard, ma nel testo originale tra parentesi si specifica che “Brosius berlinerte” e questo dà la possibilità alla traduttrice di far notare anche al lettore italiano che “affetta un accento berlinese”:
1.
Jahrgang 1902 (1928, p. 8) |
Classe 1902 (1930, p. 8) |
“Na, zur Jarde wirst de man och nich kommen…” (Brosius berlinerte immer, wenn er jemand lächerlich machen wollte). |
– Oh, non entrerai nelle Guardie, tu! – Brosius affetta un accento berlinese come quando vuol prendere in giro qualcuno. |
L’uso della varietà dialettale connota anche David Silberstein, il commerciante ebreo, padre di Leo, il cagionevole compagno di scuola del giovane protagonista, ma anche in questo caso la traduzione italiana è standard:
2.
Jahrgang 1902 (1928, p. 59) |
Classe 1902 (1930, p. 58) |
“Alles is e Geschäft,” schreit er plötzlich, “alles auf der Welt. Vom liebe Gott bis zum kleinsten Stückche Kattun. Bezahlt muß werde. Wer nix gibt, hat nix. Un selbst de Himmel mußt de der verdiene.” |
– Tutto è compra e vendita, – grida alla fine – tutto ciò che è nel mondo. Dall’amore di Dio all’ultimo pezzetto di stoffa. Tutto si deve pagare. Chi non dà non ha. Ed anche la via del paradiso dobbiamo guadagnarcela. – |
Anche sul letto di morte di Leo, il padre fa un lungo monologo in dialetto, reso sempre in italiano standard:
3.
Jahrgang 1902 (1928, p. 192-193) |
Classe 1902 (1930, p. 190) |
“Tot ist er – gestorben ist er – warum hat er net gewartet, noch ein Monat? Es ist doch Krieg – keiner gucktt uns mehr über die Schulter an – alle erkennen se uns an … Leo, mein Sohn, >de Judde sein auch Deutsche<, hat heut morgen der Landrat gesagt un sich e neu Uniform bei mir bestellt… Un ich kann net bei dir sitze un dir die Hand halte un weine wie sich’s gehört – im Geschäft muß ich stehe – hinner de Kass un lächle zu dene viele gute Mensche, die sich gar net mehr geniern bei deim Vatter zu kaufe … Leo’che, sei mer net bös, daß ich so wenig Zeit hab für dich – das Geschäft will’s – ich kann nix gege de Kriegun die Judde wäre kei Deutsche … Leo’che, sei deim Vatter net bös … “ |
– è morto… se ne è andato… perché non ha aspettato almeno un altro mese? Siamo alla Guerra, e nessuno ci guarda più con disprezzo, tutti ci riconoscono ora…, Leo, figlio mio, “anche gli ebrei sono tedeschi”! me lo ha detto stamane il consigliere provinciale quando è venuto a ordinarsi l’uniforme nuova… E io non posso starmene vicino a te, e tenere la tua mano nella mia e piangere come vorrei… debbo stare in negozio… alla cassa, e sorridere a tutte quelle buone persone che ora non si vergognano più di comprare nel negozio del tuo babbo… Mio piccolo Leo, non essere corrucciato col tuo babbo perché hai così poco tempo per te; è il negozio… no posso far nulla contro il negozio. Se avessi chiuso avrebbero detto che sono contrario alla guerra e che gli ebrei non sono tedeschi… Piccolo Leuccio caro, non essere in collera col tuo babbo…- |
L’uso dialettale, inoltre, serve anche per meglio distinguere l’arrivo alla stazione di bambini provenienti da Berlino (che gridano “O Jott” anziché “O Gott”), trasportati lontano dalla Guerra e che escono dal treno come Konfetti. Si noti la traduzione letterale del termine in italiano che non equivale affatto all’italiano “confetti”, ma si tratta di un prestito dall’italiano che risale al Settecento e che in tedesco corrisponde a “coriandoli”27:
4.
Jahrgang 1902 (1928, p. 316) |
Classe 1902 (1930, p. 315-316) |
Vor dem Bahnhof hielt ein Zug mit Ferienkindern. Wie Konfetti aus einer aufgebrochenen Schachtel fielen sie aus den Türen und hüpften über die Gleise. […]. Neben mir wimmerten die Kinder des Ferienzugs. “O Jott,” heulten sie “O Jott.” Sie waren aus Berlin. |
Davanti alla stazione un treno carico di bambini in gita si era fermato. Come confetti quando cade una scatola, essi, aperti gli sportelli, sciamavano via lungo e attraverso i binari, disordinatamente. […] Accanto a me i bambini del treno di piacere gridavano disperati: – Oh Dio, oh Dio!… – Erano Berlinesi. |
L’uso della varietà dialettale, serve per meglio connotare le classi sociali e le origini, come quella di Kathinka, la donna di servizio di casa del protagonista, e di August Kremmelbein, l’amico di scuola che è figlio del fuochista della fabbrica di zucchero del paese. Nel primo caso, Kathinka non parla correttamente tedesco e la traduzione cerca di riprodurre lo stesso uso non standard in italiano (“non mi prenderanno, me’):
5.
Jahrgang 1902 (1928, p. 263) |
Classe 1902 (1930, p. 264) |
“Danke schön”, sagte Kathinka […] “Ha! I bring schon die Butterwecken heim – miich verwische se net …!” |
– Grazie, signora, – disse Kathinka […] – Porterò i panetti di burro in ogni modo: oh, non mi prenderanno, me… |
Nel secondo caso, la traduzione italiana omette l’inciso in originale “Er sprach sogar Hochdeutsch” (in italiano, “parlava persino il tedesco standard”)28:
6.
Jahrgang 1902 (1928, p. 218) |
Classe 1902 (1930, p. 218) |
Langsam nahm August die Gewohnheiten eines Sohnes aus guter Familie an. Er sprach sogar Hochdeutsch. Der Krieg hatte ihn fein gemacht. |
Adagio adagio Augusto prese le abitudini di un figlio di buona famiglia. √La Guerra lo aveva affinato… |
– La censura /autocensura
Si riscontrano nel testo diversi casi di censura, che si attribuiscono ad una scelta della traduttrice e/o dell’editore, probabilmente per evitare argomenti o anche solo accenni a temi ritenuti scabrosi o politicamente delicati che potessero essere comunque oggetto di tagli e revisioni. La censura esiste anche quando si vuole evitare di riportare espressioni volgari oppure atteggiamenti poco corretti, per cui la traduttrice fa lo sforzo di non comunicare direttamente “cattivi esempi” comportamentali.
Un caso di censura, attraverso il principio di diminutio, si segnala a proposito dell’ebreo Silberstein che all’epoca si trova in una situazione difficile, pericolosa, ma la traduzione italiana preferisce rendere con “un po’ difficile”:
7.
Jahrgang 1902 (1928, p. 50) |
Classe 1902 (1930, p. 49) |
Herr Silberstein war in einer schwierigen Lage. |
Il signor Silberstein era quindi in una posizione un po’ difficile. |
A proposito della carriera del capo di polizia Persius, l’io narrante, senza mezzi termini come un bambino afferma che è “troppo stupido” per fare il commerciante, e la traduzione italiana preferisce sempre una diminutio con una litote (“non era abbastanza sveglio’):
8.
Jahrgang 1902 (1928, p. 77) |
Classe 1902 (1930, p. 76) |
[…] denn zum Kaufmann war er zu dumm. |
[…] poiché pel commercio non era abbastanza sveglio. |
A proposito della cattura del padre di August Kremmelbein, un personaggio politicamente fastidioso, le espressioni volgari in tedesco Sauhund e Scheiße hanno in “cani” e “maledizione” equivalenti italiani più neutri e standard:
9.
Jahrgang 1902 (1928, p. 82) |
Classe 1902 (1930, p. 80) |
“Sauhund!” schreien Sie, “Sauhund!” Das Haus tobt. Aus dem Eckfenster über dem Tor wird ein Kübel entleert. “Scheiße!” ruft der Gendarm mit dem großen Säbel und springt zurück. |
– Cani! – gridano – Cani! – Il “casermone” ribolle. Dalla finestra d’angolo sopra l’ingresso viene gettato il contenuto di un bigonciolo. Maledizione! – grida il poliziotto dalla grossa sciabola, e fa un salto indietro. |
Comportamenti ritenuti probabilmente poco edificanti o semplicemente maleducati, non hanno traduzioni dirette ma sono soggetti ai principi di sostituzione o di omissione. Nell’esempio seguente non si traduce letteralmente: “Ebbi la prima sbornia”, ma si preferisce una sostituzione che lascia comunque intendere lo stato di ebbrezza del protagonista:
10.
Jahrgang 1902 (1928, p. 183) |
Classe 1902 (1930, p. 181) |
Es war der 2. August. Ich hatte meinen ersten Schwips…. |
Era il 2 agosto. Ed era la prima volta che provavo gli effetti del vino. |
Nell’esempio successivo, il principio di sostituzione cambia completamente l’azione del bambino che nel testo originale con l’aiuto di un piccolo frustino da cucina (Quirl) mangia direttamente da una piccola mostardiera, mentre in traduzione italiana spalma la mostarda sul pane perché è un comportamento più consono:
11.
Jahrgang 1902 (1928, p. 120) |
Classe 1902 (1930, p. 118) |
Mit einem kleinen Quirl rührte ich in einem Senfdöschen. |
Con un piccolo cucchiaio di legno misi un grosso strato di mostarda sul pane. |
La sostituzione serve anche a rendere vago in italiano un comportamento poco edificante dei bambini dopo la scuola, quello di lasciar fare tutti i compiti al gracile Leo mentre il protagonista e il compagno Ferd vanno a cavallo:
12.
Jahrgang 1902 (1928, p. 140) |
Classe 1902 (1930, p. 138) |
Bald war ich wieder täglich auf dem Gut und ritt mit Ferd, während Leo in der Wohnstube unsere Schularbeiten erledigte und Milch trank. |
Tosto ripresi ad andare ogni giorno alla fattoria a fare le mie passeggiate a cavallo con Ferd, mentre Leo rimaneva nel salottino a fare le lezioni e a bere il latte. |
Nell’esempio seguente, si osservi che in originale il comportamento scolastico di Haugwitz non è proprio esemplare perché si preoccupa di copiare (“abzuschreiben pflegte”) dal protagonista i temi, i saggi in tedesco. In traduzione italiana, invece, è il protagonista che aiuta il compagno nel fare il componimento, un comportamento sicuramente più virtuoso rispetto a quanto espresso in tedesco:
13.
Jahrgang 1902 (1928, p. 229) |
Classe 1902 (1930, p. 230) |
[…Haugwitz] der aber nichts Ernstliches gegen mich unternahm, weil erseine deutschen Aufsätze bei mir abzuschreiben pflegte. |
[…] ma Haugwitz non credette opportuno di prendere serî provvedimenti contro di me perché io lo aiutavo molto quando c’era da fare il componimento. |
La sostituzione serve anche per tacere ad esempio il gesto maleducato di un adulto di mettersi le dita nel naso in pubblico e che viene sostituito con quello di grattarsi il naso:
14.
Jahrgang 1902 (1928, p. 154) |
Classe 1902 (1930, p. 151) |
Der Onkel stand starr. Er began plötzlich in der Nase zu bohren. |
Lo zio rimase di sale. Poi cominciò a grattarsi il naso. |
Nelle descrizione di August Kremmelbein alla stazione si osservi che Konfirmation viene sostituito in italiano dal più generico “cerimonia” evitando così l’equivalente italiano di “cresima” (nel rito protestante29) e Fußballspiel viene sostituito con il “giuoco del tennis”, nonostante proprio in quegli anni il calcio fosse uno sport già molto amato in Italia, molto seguito e successivamente promosso dal regime:
15.
Jahrgang 1902 (1928, p. 150-151) |
Classe 1902 (1930, p. 147) |
Er trägt seinen besten Anzug, als komme er von einer Konfirmation. […] Er ist nicht umsonst der beste Läufer beim Fußballspiel. |
Indossa il suo miglior vestito come se tornasse da una cerimonia. […] Non per nulla è il più rapido al giuoco del tennis. |
Nell’esempio seguente, la traduzione italiana omette che il protagonista ascolta “parlare” i suoi genitori nella loro camera da letto, poi aggiunge gli aggettivi “tranquillo e regolare” nel definire il “respiro” della madre e del padre. Probabilmente, per non rivelare di più sull’intimità del luogo e anche per non essere in contraddizione con quanto affermato sul respiro tranquillo, la traduttrice omette l’ultima frase “mio padre russava”:
16.
Jahrgang 1902 (1928, p. 128) |
Classe 1902 (1930, p. 126) |
Ich ging zu Bett und lag dort zwei Stunden wach. Bis ich meine Eltern im Schlafzimmer sprechen und meinen Vater die Plumeaus zurecht schlagen hörte. Eine Viertelstunde später hörte ich ihre Atemzüge. Mein Vater schnarchte. |
Andai a letto e stetti desto ben due ore, fino a che non udiii miei nella loro camera, e il babbo che batteva ben bene il piumino e lo metteva a modo suo. Dopo un quarto d’ora veniva a me il loro respiro tranquillo e regolare.√ |
Il passo seguente – sia in originale, sia in traduzione – tradisce la posizione neutrale della Svizzera all’indomani dello scoppio della Guerra, facendo riferimento alla bandiera dell’albergo. Si osservi però che la frase in italiano è leggermente modificata. Infatti, in tedesco schwer und satt (“pesante e satolla”), si riferisce alla bandiera che si fa panciuta sulla facciata dell’albergo, in italiano l’albergo è “grave e tranquillo” e sulla sua facciata è issata la bandiera:
17.
Jahrgang 1902 (1928, p. 167) |
Classe 1902 (1930, p. 163) |
Drunten lag das Hotel. Schwer und satt, als ginge sie alles nichts an, bauschte sich die Fahne der Schweiz an seiner Fassade. |
Sotto di noi era l’albergo. Grave e tranquillo come se nulla fosse. La bandiera svizzera era stata issata sulla facciata. |
Nell’imitazione dei bambini nel gioco della guerra, il saluto “Heil!’ viene sostituito dall’interiezione “Oilà!” che non è proprio il suo equivalente:
18.
Jahrgang 1902 (1928, p. 230) |
Classe 1902 (1930, p. 231) |
Die Verwundeten waren inzwischen geheilt. Mit den frei gewordenen Taschentüchern winkten uns die Mädchen ein herzliches Willkomm’. Wir warfen unsere Stecken weg und riefen: “Heil!”. Sie gaben uns allen die Hand. |
I feriti si erano rimessi. E coi fazzoletti, ormai inutili, le fanciulle ci salutavano calorosamente. Noi gettavamo via i nostri bastoncini e gridavamo: “Oilà!”. Esse ci stringevano la mano. |
La censura è nei ritornelli che cantano gli operai, come ad esempio la versione tedesca dell’Inno dell’Internazionale (1871), il cui testo originale francese recita “Internationale sera le genre humain”, la cui traduzione ufficiale italiana è “L’Internazionale futura umanità!”:
19.
Jahrgang 1902 (1928, p. 84) |
Classe 1902 (1930, p. 82) |
Alles überwölbt der Refrain: “Die Internationale erkämpft das Menschenrecht” |
Tutto è travolto dal ritornello: “L’Internazionale è l’Umanità”. |
Nell’esempio seguente, la traduzione letterale del ritornello è “La bandiera resta in piedi, se anche cade l’uomo”, ma nel testo italiano viene sostituito da poche parole tratte dall’Inno dei Lavoratori (1886) di Filippo Turati la cui prima strofa fa riferimento alla bandiera: “Su fratelli, su compagne, su, venite in fitta schiera: sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenir”:
20.
Jahrgang 1902 (1928, p. 84) |
Classe 1902 (1930, p. 83) |
Und plötzlich hängen sich alle Arbeiter ein. Arm in Arm singen sie: “Die Fahne steht – wenn der Mann auch fällt”. Leise nickt da der gefesselte Kremmelbein mit dem Kopf. Die Gesichter der Arbeiter sind sehr hell. |
A un tratto gli operai, stretti a braccetto, spalla contro spalla, intonano: “… splende il sol dell’avvenir….” A questo punto, l’ammanettato fa un lieve cenno del capo. Tutti i visi dei compagni risplendono. |
La censura avviene – come si può immaginare – per tutto quello che è scoperta della sessualità da parte del protagonista e dei suoi compagni adolescenti, per cui vi sono omissioni o sintesi. Ad esempio, quando il protagonista vuol conoscere il “mistero” e paga un ragazzo più grande per vedere, il lungo passo in tedesco con l’amplesso30 viene così riassunto in italiano: “Ma ad un tratto la ragazza ebbe un grido strano, come se chiedesse disperatamente aiuto; guardai: vidi un aggrovigliamento orribile di membra nude”31. In altri passi vige il principio dell’omissione di particolari come di seguito:
21.
Jahrgang 1902 (1928, p. 36) |
Classe 1902 (1930, p. 35-36) |
“[…] Der hat mir gesagt, das sei etwas ganz Natürliches. Das hätte jedes Mädchen über sechzehn Jahren einmal im Monat fünf Tage lang …” […] “Nein, das war anderes Blut. Böses Blut, weißt du, so ein Blut, wie das Wasser im Sumpf ist. Und es roch wie fauler Rock…” |
– […] mi disse che è una cosa naturale e propria di tutte le donne dai sedici anni in là… √ 32 […] – No….era diverso….√33 E aveva quell’odore nauseabondo. – |
Ancora nell’esempio successivo, il verbo “sich hinlegen” in italiano viene sostituito dal verbo “subire” e nel passo si omette l’ultima frase troppo esplicita in tedesco (“mi hai soltanto strappato le mutandine’):
22.
Jahrgang 1902 (1928, p. 119-120) |
Classe 1902 (1930, p. 117-118) |
Lange liege ich stumm. Auch Hilde hat mich belogen. Da spüre ich, wie sie sich an mich drängt. – “Du mußt es doch wissen. Du bist doch ein Mann. Zeig es mir!” Ich rühre mich nicht. […] “Aber du willst ei Mann sein, du mußt es doch machen, ich brauche mich doch nur hinzulegen, Dummkopf, Dumkopf!” […] Dort faßt mich Hilde. Sie ist überlustig. “Wie?”, ruft sie, “mein Vetter weiß es nicht?! Der studiert es doch. Der ist wissenschaftlich gebildet, jawohl. Du bist nur neidisch, weil du es nicht kannst. Du hast mir ja nur mein Höschen zerrissen…” |
Resto a lungo sull’erba, senza parlare. Anche Hilda ha mentito con me. Ora si addossa tutta a me: – Ma tu lo devi sapere, tu sei un uomo. – Non mi muovo. […] – Ma tu dovrai essere un uomo, tu devi fare, ed io debbo soltanto subire… Stupido, stupido…- […] Hilda mi raggiunge e mi afferra, e: – Come? Mio cugino non lo sa? Ma se lo sta studiando. Lo sa scientificamente. Gli è che tu hai invidia, perché non lo sai. – √ |
Nell’esempio seguente, alla domanda diretta della zia (“Hat er Pollutionen?”) si riscontra la sostituzione (“E fece una domanda che non capii”), continuando ancora con una sostituzione (“Weißt du, was Pollutionen sind?”/“cosa aveva voluto dire la zia con quella domanda”), ma l’ironia nella frase di Leo (“heißt es wieder, die Juden seien daran schuld”) viene mantenuta anche in italiano (“se ne darebbe la colpa agli ebrei”):
23.
Jahrgang 1902 (1928, p. 145-146) |
Classe 1902 (1930, p. 143) |
“Papperlapapp!” schrie die Tante, packte mich an der Backe und fuhr mit ihrem Finger unter meinen Augen her. “Hat er schon Pollutionen?” […] Unten im Hof wartete Leo Silberstein auf mich. Ich fragte ihn: “Weißt du, was Pollutionen sind?” “Ach,” sagte Leo und winkte müde ab, “wenn ich es dir sage und es kommt heraus, heißt es wieder, die Juden seien daran schuld …” |
– Saperlott – gridò la zia, prendendomi le guance e mi toccò con le dita sotto gli occhi. E fece una domanda che non capii. […] Giù nel giardino c’era Leo Silberstein ad aspettarmi. Gli domandai se egli sapesse cosa aveva voluto dire la zia con quella domanda. -Oh, – disse Leo con una mossa di stanchezza. – Se te lo dicessi e poi si risapesse che te l’ho detto io, se ne darebbe la colpa agli ebrei…- |
– L’ironia
L’ironia sottende tutto il romanzo che viene raccontato con gli occhi di un bambino e si serve di diversi escamotage che la traduzione cerca di riportare fedelmente.
Ad esempio, già la trascrizione errata del verso iniziale del noto canto religioso Lobe den Herren, den mächtigen König der Ehren (1860) di Joachim Neander (musicato poi da Johann Sebastian Bach nel 1725), serve per meglio connotare, con divertimento la figura del direttore del Ginnasio che canta entusiasta:
24.
Jahrgang 1902 (1928, p. 257) |
Classe 1902 (1930, p. 257) |
Er sang begeistert, aber falsch: “Lobät den Hähren …” |
Cantava con foga, ma stonato: “Lodato il Signo-0-0-ore-e-e”…. |
Nell’esempio successivo, l’ironia nel testo originale, viene mantenuta nel testo in traduzione nonostante la sostituzione di Ministerialrat (“Consigliere del ministro”) con “quasi ministro”:
25.
Jahrgang 1902 (1928, p. 144) |
Classe 1902 (1930, p. 141) |
[…] mein Vater wagte ihr nicht zu widersprechen, weil ihr Mann Ministerialrat war. |
[…] il babbo non osava contraddirla, dato che il marito era quasi Ministro. |
Si preferisce l’esplicitazione nell’esempio seguente a proposito delle suore cattoliche che “non si preoccupano di ciò che pensano i loro malati” (così in tedesco), ossia del pensiero politico degli ammalati che accudiscono:
26.
Jahrgang 1902 (1928, p. 89) |
Classe 1902 (1930, p. 87) |
“Dann wollen wir doch lieber eine Schwester für die Nacht besorgen?” […] “Soll ich sie holen?” “Ja, aber geh zu den katholischen, die kümmern sich nicht darum, was ihre Kranken denken.” |
– Sarà bene allora a cercare di una suora per la notte. – […] – Debbo andare a cercarne una? – Sì, ma va’ dalle suore cattoliche; esse non guardano a qual partito politico appartengono gli ammalati. – |
L’amara ironia nel testo ha spesso una traduzione fedele all’originale, come ad esempio nel descrivere la madre del protagonista che preferisce la letteratura alle questioni politiche e alla guerra, ma viene persuasa da un affascinante accademico e così si converte alla guerra:
27.
Jahrgang 1902 (1928, p. 171) |
Classe 1902 (1930, p. 168-169) |
Meine Mutter […] hörte aufmerksam zu. Viele seiner Worte formte sie mit ihren Lippen nach. Zum ersten Mal began sie sich für den Krieg zu interessieren. Vielleicht weil der Mann ein Universitätsprofessor war, vielleicht weil alles, was er sagte, so gescheit klang, vielleicht weil diese Auffassung mit Politik nichts zu tun hatte – jedenfalls war sie, als der Professor einen gewaltigen Aufschwung der Kunst durch den Krieg prophezeite, kurz vor Basel seiner Logik erlegen. Sie glaubte an den Krieg wie an einen neuen Dichter. Als wir im Bundesbahnhof ausstiegen, sagte sie mir, eine große Zeit stände bevor. |
La mamma […] ascoltava attenta. Molte delle parole di lui, ripeteva ella con le labbra. Per la prima volta si interessava alla guerra. Forse perché egli era professore d’Università, forse perché tutto ciò che egli diceva pareva così bello e non aveva nulla a che vedere con la politica; ad ogni modo, quando fummo vicini a Basilea, e il professore disse che la guerra avrebbe dato un forte impulso all’arte, ella fu vinta. Credette alla guerra come ad un nuovo poeta. E quando uscimmo dalla stazione di Basilea mi disse che si avvicinava un’era di grandezza. |
L’ironia funziona anche se c’è un adattamento, come nell’esempio seguente in cui gli ufficiali ricevono dalla madre del protagonista solo romanzi d’intrattenimento, perché sono i soli presenti nelle stazioni ferroviarie, ma affermano che in caso d’emergenza hanno tutti il Faust nello zaino:
28.
Jahrgang 1902 (1928, p. 176) |
Classe 1902 (1930, p. 173-174) |
Meine Mutter lief an den Zügen entlang und verteilte Bücher, die sie in der Bahnhofsbuchhandlung gekauft hatte. Es waren leider nur Unterhaltungsromane, aber die Offiziere sagten, für den Ernstfall hätten sie alle den “Faust” im Tornister. |
La mamma correva lungo i treni distribuendo libri che aveva comprato alle edicole della stazione. Disgraziatamente non c’erano che romanzi popolari, ma gli ufficiali l’assicuravano che √ tutti avevano portato con sè il “Faust”. |
Nell’esempio seguente il termine Wallachei, che indica anche la regione della Valacchia, viene reso più esplicito in italiano come “albergo degli zingari” per indicare le origini degli operai stagionali che vengono accolti soprattutto dalle mogli degli altri e aiutano ad aumentare le loro famiglie:
29.
Jahrgang 1902 (1928, p. 71) |
Classe 1902 (1930, p.) |
Im Volksmund hieß dieses Haus die “Wallachei”, weil die Fabrik in den oberen Stockwerken oft Saisonarbeiter unterbrachte, die aus dem südlichen Osten stammten und als Schlafburschen in den Familien kapierten. Sie halfen diese vergrößern und gaben mancher Frau eine Abwechslung, zu der ihr ehemüder und abgearbeiteter Mann keine Lust mehr hatte. In dem Haus spielten viele schwarzlockige Kinder. Sie waren meistens klüger als die anderen und beherrschten sie in ihren Spielen. Auch von den Müttern wurden sie bevorzugt, sie trugen bessere Kleider und bekamen oft Butterbrot |
Il popolino chiamava questa casa “L’albergo degli zingari” perché negli ultimi piani prendevano alloggio gli operai avventizi che generalmente venivano dal limite sud-est dell’Europa. Questi dividevano il letto con gli inquilini fissi, ed aiutavano ad aumentare le famiglie, offrendo un cambiamento alle donne stanche di operai disfatti dal lavoro. Nella casa giocavano alcuni bambini dai riccioli neri. In generale, erano assai più svegli dei compagni e li dominavano nei giuochi. Le stesse madri avevano un debole per loro, e davano loro i migliori vestiti e qualche straordinario di più in pane e burro. |
La stessa ironia si ripete nel descrivere la comunità di stranieri nell’albergo svizzero all’indomani dello scoppio della Guerra, si osservino di seguito alcune aggiunte in italiano a proposito di in buntem Gemisch (letteralmente, “in una miscela colorata, multicolore”) che ha come corrispondente “in una confusione di razze pittoresche” e di mit flachbrüstigen Engländerinnen (letteralmente, “con inglesi piatte, dal seno piatto”) che ha come corrispondente “con quelle perticone di inglesi tutte rigide e piallate”:
30.
Jahrgang 1902 (1928, p. 161-162) |
Classe 1902 (1930, p. 158-159) |
Hatten vorher in buntem Gemisch Angehörige verschiedener Nationen zusammengesessen, Ausflüge gemacht, abends auf der Terrasse getanzt, so began um diese Zeit eine Sortierung unter den Gästen, je nach der Farbe, die die Fahne ihres Landes trug. […] Am längsten weigerten sich die Russen. Trotz der energischen Vorstellungen einiger englischer Herren, zogen sie die Spaziergänge mit drei hübschen Wienerinnen, deren Männer vorzeitig abgereist waren, den Diskussionen mit flachbrüstigen Engländerinnen in der Hall vor. Als einer dieser Russen an einem heißen Nachmittag das Zimmer einer der Damen aus Wien verließ, lauerte ihm an der Ecke des Ganges ein älterer Herr aus Frankreich auf und überschüttete ihn mit Beschimpfungen, als hätte der Russe gestohlen. |
Mentre prima persone di nazionalità diverse si erano trattenute le une con le altre in una confusione di razze pittoresche, avevano fatto escursioni, avevano ballato la sera sulla terrazza; ora cominciavano a formarsi dei gruppi a seconda dei colori delle loro bandiere. […] I russi resistettero di più. Nonostante le energiche rappresaglie di alcuni inglesi, essi preferirono di andare a far passeggiate con tre belle viennesi i mariti delle quali erano già andati via, invece di stare a chiacchiera con quelle perticone di inglesi tutte rigide e piallate. Uno di questi russi uscendo dalla stanza di una delle viennesi in un caldo pomeriggio, trovò, all’angolo del corridoio, un vecchio francese in agguato, che lo investì con insulti come se lo avesse sorpreso a rubare. |
L’ironia si fa amarissima quando il protagonista costata che la guerra viene considerata al ginnasio come un capitolo di storia non ancora concluso ed è trattato al pari di una traduzione di Omero. La distanza del corpo docente rispetto al perpetuarsi della guerra che ormai porta ai ragazzi solo povertà è in un passo sulla traduzione del banchetto dei Proci dell’Odissea, in cui emerge tutta la fame dei ragazzi:
31.
Jahrgang 1902 (1928, p. 294-295) |
Classe 1902 (1930, p. 294-295) |
Vor uns tanzten gebratene Hähne, Ochsen am Spieß, Zypernwein, der Nußkern zartester Butter, Eberrücken, in die man hinschneidet, daß ihr Fettsingend in rötlichen Blasen hochspritzt, wir schmeckten die prickelnde Impertinenz frischen Hammelfleischs, das trockne Zerblättern mattblau gekochter Fische, die Wollüstige Weichheit der Lämmer von Ithaka, den aufregend schmeckenden Dotter der Vogeleier, aus Felsennestern gehoben – wir hörten aus Ziegenschläuchen den roten Wein schießen, das Blöken der Rinder, die kreischende Angst der Hähne, das dumpfe Gestampf der Ochsen, die im Hof von schweren, halbenentblößten Knechten niedergehauen wurden, dazwischen das Flötenspiel verschüchterter Musikanten, das prächtige Gejohl der Freier – wir wühlten in diesen Versen, wir schmatzten die fleischprallen Mataphern nach und während unsere Gelenke schmal, unser Blut dünn, unsere Knochen kalklos waren, erlebten wir Homer zum erstenmal nicht als böses Pensum – sondern körperlich, wie jede große Kunst.Der Speichel lief uns aus dem Mund, in unserer unterernährten Phantasie fühlten wir uns plötzlich als Freier, die, während ihnen der rotbraune Saft frischen Fleisches über die Lippen troff, um eine skythische Sklavin würfelten … Da traf uns wie ein Stich die dünne, kalte Stimme des Professors. “Mahr!”, schrie er, “Mahr, στι” heißt “daß” und nicht “weil!” |
Davanti a noi danzavano polli arrosto, buoi allo spiedo, vino di Cipro, burro delicatissimo, e cosce di cignale dalle quali schizzava il grasso appena erano toccate dal coltello; sentivamo la fragranza acuta dell’agnello appena cotto, la tenerezza della carne del pesce lesso, la squisita bontà dei capretti di Itaca, il sapore eccitante dei rossi d’uovo presi nei nidi tra le rocce; sentivamo il gorgoglìo del vino versato dagli otri di pelle di capra, il muggito delle bestie, lo schiamazzare dei galli spauriti, il sordo calpestìo dei buoi nei cortili dove venivano uccisi da schiavi mezzo nudi, e, al di sopra di tutto, sentivamo i flauti dei timidi suonatori e il forte canto gioioso dei Proci. Ci grufolavamo in quei versi, facevamo schioccare la lingua a quelle succolenti metafore, e, benché le nostre membra fossero magre, il nostro sangue scarso e pallido, le nostre stesse ossa rese tenere, sentivamo Omero con tutti i sensi fisici, come si può sentire l’opera d’arte, quando ci si accosta ad essa non come a un duro dovere. Avevamo tutti la bocca piena d’acqua, e, con l’immaginazione ognuno di noi si convertiva in uno di quei Proci che, mentre giocava a dadi una schiava Scita, aveva il mento che grondava grasso per la bella carne masticata… Come un colpo di bastone ci giunse la voce del professore, sottile e fredda, che gridava: – Mahr! Mahr, örl, in questo caso significa “che” e non “perché”. – |
Considerazioni finali
L’analisi contrastiva del testo di partenza e del testo di arrivo di Jahrgang 1902/Classe 1902, considerando il Translation Quality Assessment di Juliane House, ha evidenziato che, nell’ambito del campo, si tratta della storia “autobiografica” di un bambino e della sua generazione nata nel 1902 nel periodo della Grande Guerra, a livello lessicale si osservano diversi gradi di comprensione e realizzazione della lingua tedesca, a livello sintattico si ricorre prevalentemente a frasi semplici, inoltre vi è coesione a livello testuale. Per quanto riguarda il tenore, si tratta di un racconto personale, che prevede empatia e coinvolgimento nel pubblico di lettori, la narrazione è informale, la lingua presenta varietà dialettali o semplicemente colloquiali per dimostrare l’autenticità di chi parla e scrive. Il modo è complesso perché il monologo di chi narra presenta anche dialoghi riportati. Il genere è quello del romanzo con riferimenti autobiografici. Nel confronto tra TP e TA si costata che nelle dimensioni di campo, tenore e modo vi sono corrispondenze tra il testo originale e la traduzione. Dagli esempi citati è evidente la scelta della traduttrice per una overt translation che mira a preservare le scelte linguistiche e stilistiche dell’autore e che si manifesta nel genere, campo, tenore, tono e modo, legati all’esperienza soggettiva di chi scrive e narra.
Tuttavia si riconosce un filtro linguistico-culturale in alcuni passi che presentano quindi una covert translation rispondente prevalentemente all’autocensura della traduttrice/casa editrice che risente dell’epoca storica in cui è stato recepito e tradotto il romanzo, sebbene sia coevo al suo originale. Con gli esempi citati si è voluto dimostrare che l’applicazione del modello di Juliane House risulta adatta per l’analisi della traduzione italiana di Jahrgang 1902. Allora, come oggi, la sola conoscenza della lingua tedesca non è sufficiente per comprendere il testo letterario, perché è impossibile trasferire nella lingua-cultura d’arrivo con esattezza e precisione il significato di tutti gli elementi culturospecifici presenti. Inoltre, il tipo di comunicazione tra la lingua-cultura tedesca e la lingua-cultura italiana, soprattutto in questo caso, contribuisce generalmente ad applicare certe strategie di traduzione nella lingua-cultura d’arrivo che si basano non solo sulla prospettiva del lettore e sulle sue preferenze, ma sulle note vicende storiche e anche sull’editore dell’epoca che – come si è affermato – si preoccupa della censura e nel contempo del successo editoriale. Per di più, la traduzione deve necessariamente far riferimento al singolo traduttore, in questo caso alla traduttrice di Classe 1902, alla sua competenza, al contesto lavorativo, alle specificità del suo compito e alle sue risorse, oltre alla sua sensibilità, per cui si rivelano scelte di omissione, sostituzione e adattamento presentati in questa sede. Pertanto sarebbe auspicabile una nuova edizione e traduzione integrale del romanzo anche in Italia, perché il romanzo di Glaeser in originale come in traduzione risponde all’esigenza da parte dei lettori – a 100 anni dal primo conflitto mondiale – di questo genere di narrativa documentaria. A ragione, Hans Sahl nella sua recensione in Bücher, die das Tage-Buch empfiehlt (1928)34 considera Ernst Glaeser cronista del suo tempo: “der Roman zum literarischen Porträt einer ganzen Epoche. […] Ein Tatsachenroman. Endlich ist man so weit, die Dinge wieder klar und unverbildet auf sich wirken zu lassen, den heftiger denn je sich anbietenden Stoff der Wirklichkeit zu ordnen. Deshalb, und weil es der erste, überzeugende Versuch ist, mit dem sich eine bedrängte und verwirrte Nachkriegsjugend ins Schöpferische erhebt, ist Glaesers ‘Jahrgang 1902’ eine Tat”. Sahl proporrà Glaeser per il Kleist-Preis del 1928, il premio letterario più importante della Repubblica di Weimar, e il giurato Hans Henny Jahnn nel dare il premio quell’anno ad Anna Seghers riserverà a Glaeser una ehrenvolle Erwähnung, un riconoscimento speciale. Non a caso anche Jahrgang 1902 è tra i libri dati alle fiamme nel maggio del 193335.
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Sommer, Monika, Literarische Jugendbilder zwischen Expressionismus und Neuer Sachlichkeit: Studien zum Adoleszenzroman der Weimarer Republik, Peter Lang (Europäische Hochschulschriften), Frankfurt a.M. 1996.
Vogt-Paclik, Kornelia, Bestseller in der Weimarer Republik, 1925-1930. Eine Untersuchung, Traugott Bautz, Herzberg 1987.
1 Tutte le citazioni presenti nel contributo sono tratte dal testo di E. Glaeser, Jahrgang 1902, Gustav Kiepenheuer Verlag, Berlin 1928 (qui p. 265). E da E. Glaeser, Classe 1902, traduzione italiana di Teresina Bagnoli Campani, R. Bemporad e Figlio Editori, Firenze 1930, p. 267: “Nessuno ci domandava che cosa pensassimo. La guerra era cosa da grandi, e noi eravamo lasciati soli ed isolati in mezzo ad essa. Credevamo in nulla, ma facevamo di tutto. Da lungo tempo avevamo visto che la guerra era una vera piaga, poiché vedevamo come tutti cercassero di sfuggirla”.
2 Si attestano mezzo milione di copie vendute nei primi 4 mesi dall’uscita.
3 Il romanzo, a un anno dalla sua pubblicazione, aveva già raggiunto una tiratura di 200mila copie. A tal proposito cfr. K. Vogt-Paclik, Bestseller in der Weimarer Republik, 1925-1930. Eine Untersuchung, Traugott Bautz, Herzberg 1987.
4 Già nel 1927 erano stati pubblicati il romanzo Soldat Suhren di Georg von der Vring e il romanzo Der Streit um den Sergeant Grischa di Arnold Zweig, che poi sulla scia del successo di Remarque moltiplicherà le sue vendite. Cfr. G. di Stefano, Le avventure di uno Schwejk intellettuale. Ginster di Siegfried Kracauer, in “Intrasformazione: Rivista di Storia delle Idee”, vol. 4, n. 1, 2015, pp. 13-26, reperibile anche online sul sito della rivista. Permanent URL: http://www.intrasformazione.com/index.php/intrasformazione/article/view/165
5 Cfr. H.H. Müller, Der Krieg und die Schriftsteller. Der Kriegsroman der Weimarer Republik, Metzler, Stuttgart 1986, pp. I-II.
6 E. Rocca, Processi letterari alla guerra, articolo apparso su “La Stampa” (18.7.1929), cit. da N. Barrale, Le traduzioni di narrative tedesca durante il fascismo, Carocci editore, Roma 2012, pp. 93-94.
7 L. Mazzucchetti, La Guerra ritorna, in “I libri del giorno” vol. 12, n. 4, Treves, Milano aprile 1929, p. 238, cit. da N. Barrale, op. cit. 2012, p. 94.
8 L.M. Rubino, I mille demoni della modernità. L’immagine della Germania e la ricezione della narrativa tedesca contemporanea in Italia tra le due guerre, Flaccovio, Palermo 2002, p. 60.
9 L.M. Rubino, op. cit. 2002, p. 61.
10 Si ricordino all’epoca i costi raddoppiati di carta e di manodopera e, in generale, delle spese di produzione.
11 E. Bemporad, La traduzione di libri stranieri in Italia e di libri italiani all’Estero, in “Giornale della Libreria”, XLIV, 1931, cit. da L.M. Rubino, op. cit. 2002, p. 69.
12 Cfr. N. Barrale, Non solo censura. Tre esempi di traduzione della narrativa tedesca sotto il fascismo, in “TRAlinea”, vol. 13, 2011, p. 16.
13 L.M. Rubino, op. cit. 2002, pp. 70s.
14 Oltre ai già citati Enrico Rocca e Lavinia Mazzucchetti, si devono ricordare Alberto Spaini, Ervino Pocar, Giacomo Prampolini, Enrico Burich, Barbara Allason, Bruno Revel.
15 Cfr. N. Barrale, op. cit. 2011, pp. 1-2. Si ricordi inoltre che all’epoca si ricorreva all’escamotage del “permesso preventivo”, per cui si sottoponeva alle autorità una sintesi del lavoro che s’intendeva pubblicare.
16 La stessa tradurrà di Ernst Glaeser anche Frieden 1919 (1930) che viene pubblicato in Italia nel 1931.
17 L.M. Rubino, op. cit. 2002, p. 78, n. 13 in cui si cita anche la recensione di G. Raimondi, Classe 1902 di E. Glaeser, apparsa su “Solaria”, V (1930), n. 5-6.
18 N. Barrale, op. cit. 2012, pp. 95-96 in cui cita la recensione di L. Mazzuucchetti, La Guerra ritorna, su “I libri del giorno” (1929).
19 Si ricordino i recenti successi editoriali di Yuri e Sonya Winterberg e tra questi Kriegskinder. Erinnerungen einer Generation, Rotbuch Verlag, Berlin 2009 e Kleine Hände im Großen Krieg. Kinderschicksale im Ersten Weltkrieg, Aufbau Verlag 2014. Quest’ultimo è stato tradotto anche in Italia con il titolo I diari segreti dei bambini sopravvissuti alla Grande Guerra, Newton Compton editori, Roma 2014.
20 C. Klein, Wahrhaftiges Erzählen als gemeinschaftsstiftendes Handeln – Ernst Glaesers Roman “Jahrgang 1902”, in Bogner, Ralf Georg (Hg.), Internationales Alfred-Döblin-Kolloquium, Saarbrücken 2009: Im Banne von Verdun. Literatur und Publizistik im deutschen Südwesten zum Ersten Weltkrieg von Alfred Döblin und seinen Zeitgenossen, “Jahrbuch für Internationale Germanistik”, Reihe A, Bd. 101, Heft 1, Peter Lang, Bern u.a. 2010, pp. 279s. Cfr. anche C. Klein, Nachwort, in E. Glaeser Jahrgang 1902, Wallstein Verlag, Göttingen 2013, pp. 321-389.
21 In riferimento già a quanto affermato da Eugene Nida nel 1964 nel suo volume Toward a Science of Translation, Brill, Leiden.
22 Juliane House ha pubblicato nel 1977 il suo primo modello di valutazione della qualità di una traduzione che ha poi rielaborato nel 1997 sulla base sia delle sue ricerche sia degli sviluppi negli studi sulla teoria della traduzione, infine ha integrato con altri riferimenti in direzione della corpus linguistics nel 2015. Cfr. in particolare J. House, A Model for Translation Quality Assessment, Narr, Tübingen 1977/19812, Id., Translation Quality Assessment: a Model Revisited, Narr, Tübingen 1997, e infine Id., Translation Quality Assessment: Past and Present, Routledge, London and New York 2015.
23 F. Schleiermacher, Ueber die verschiedenen Methoden des Uebersezens, Königliche Akademie der Wissenschaften, Berlin, 24. Juni 1813, in H.J. Störig (Hg.), Das Problem des Übersetzens, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1963, pp. 38-69.
24 Cfr. J. House, op.cit. 2014, p. 21.
25 Cfr. N. Gagliardi, Tra lingue e culture. Testi di autori di origine turca tra tedesco e italiano (in preparazione).
26 M.A.K. Halliday, Part A, in M.A.K. Halliday, R. Hasan, Language, Context, and Text: Aspects of Language in a Social-Semiotic Perspective, Oxford University Press/ Deakin University Press, Oxford/Geelong, 1985/1989.
27 Cfr. Das Herkunftswörterbuch. Etymologie der deutschen Sprache, Duden Verlag, Mannheim 20135 e Das große Fremdwörterbuch, Duden Verlag, Mannheim 20074.
28 Da ora in poi, le omissioni nel testo si segnalano con il simbolo √.
29 Nel rito cattolico, il termine equivalente è Firmung.
30 E. Glaeser, Jahrgang 1902, op. cit. 1929, p. 133.
31 E. Glaeser, Classe 1902, op. cit. 1930, p. 131.
32 In italiano, la parte omessa: “una volta al mese per cinque giorni”.
33 In italiano, la parte omessa: “si trattava di altro sangue, sangue cattivo, come l’acqua nella palude. E odovava come una gonna logora, malridotta, fradicia”.
34 Apparsa su ″Das Tage-Buch″, 9. Jg. , 1928.
35 Così come tutta l’opera di Glaeser fino ad allora che subì la Bücherverbrennung e lo Schreibverbot e quindi scelse l’esilio in Svizzera per poi rientrare successivamente in Germania e appoggiare il programma nazista.