Il genere testuale come motore del plurilinguismo nel CLIL​

Laura Santini, Simone Torsani
(Università degli Studi di Genova)
laura.santini@unige.it, simone.torsani@unige.it

Abstract

CLIL (Content and Language Integrated Learning) kann eine wichtige Rolle bei der Förderung von Mehrsprachigkeit und internationaler Mobilität spielen. Im Hinblick auf die Integration von Sprache und Inhalt im Lernprozess beschränkt sich die Dimension der Mehrsprachigkeit nicht auf den Gebrauch der Fremdsprache in einem Fach, sondern impliziert die Fähigkeit, Inhalte sprach- und kulturübergreifend zu bearbeiten (Plurikulturalität). In der CLIL-Unterrichtspraxis bleibt jedoch eine strukturalistische Auffassung von Sprache bestehen, die sich in Bezug auf die langfristigen Ziele der Methodik als begrenzt erweist. Wir sind der Überzeugung, dass die Umstellung des CLIL-Unterrichts auf einen gattungsbasierten Ansatz eine positive Entwicklung der Methodik bedeuten würde und einen wirklich integrierten inhaltlich-sprachlichen Rahmen innerhalb einer „anderen“ Sprachkultur fördern könnte, der die sozio-pragmatischen Aspekte der Kommunikation in jedem Text berücksichtigt – abgesehen davon, dass damit eine Angleichung an die glottodidaktischen Referenzen des CEFR (Common European Framework of Reference for Languages), die seit 2000 einen gemeinsamen europäischen Standard darstellen, geschaffen würde. Indem man die Textualität in ihrer spezifischen Identität (Gattungen) vorschlägt, sodass sie kommunikative Faktoren einschließt, die mit dem Publikum, an das sie gerichtet sind, zusammenhängen, stellt man den Diskurs unmittelbar als affordance dar. Darunter versteht man eine schriftliche Form, die eine bestimmte Art der Kommunikation ermöglicht und gegenüber anderen begünstigt, und zwar durch eine Sprachkultur, die von einer spezifischen, ansonsten unzugänglichen Gemeinschaft geformt wird und diese prägt.

Im Aufsatz wird eine Fallstudie (CLIL-Kurs 2021) präsentiert und diskutiert. Es handelt sich um einen Lehrerfortbildungskurs, in dem das Konzept von „Gattung“ eine zentrale Rolle bei der Einführung und Hinführung zur CLIL-Methodik gespielt hat. Insbesondere soll sowohl auf das positive Potenzial als auch auf kritische Fragen, die sich bei der Anwendung eines genrebasierten Ansatzes ergeben haben, eingegangen werden, um über einige Implikationen bzw. Vor- und Nachteile, die diese Fallstudie aufgewiesen hat oder die bei der Vorbereitung von Lehrkräften auf die CLIL-Methodik zu erwarten sind, zu reflektieren.

Il CLIL può giocare un ruolo importante nella valorizzazione del plurilinguismo e della mobilità internazionale. Nell’ottica d’integrare lingua e contenuto nel percorso di apprendimento, la dimensione del plurilinguismo non si limita all’uso veicolare della lingua straniera rispetto a una disciplina, ma implica la capacità di lavorare su un contenuto in più lingue e a cavallo tra culture (pluriculturalismo). Permane, tuttavia, nella pratica didattica CLIL una concezione strutturalista della lingua, limitata rispetto agli obiettivi di lungo termine della metodologia. È convinzione di chi scrive che declinare la didattica CLIL basata sul genere costituisca uno sviluppo virtuoso della metodologia che può farsi davvero integrata e predisporsi a sviluppare un approccio socio-pragmatico ai contenuti in una lingua-cultura ‘altra’. Senza contare che creerebbe un allineamento ai riferimenti glottodidattici del QCER che dal 2000 rappresentano uno standard europeo condiviso. Proponendo testualità nella loro identità specifica (generi), che include fattori comunicativi legati alla audience cui sono rivolte, si presenta immediatamente il discorso come affordance (qui intesa come forma scritta che consente o favorisce, in base a proprie caratteristiche specifiche, un certo tipo di comunicazione e non altre) in cui una lingua-cultura è in coabitazione con una precisa comunità e presuppone meccanismi socio-pragmatici di disambiguazione che sarebbero altrimenti non accessibili. Il saggio presenta e discute un’esperienza di formazione rivolta a personale docente (corso CLIL 2021), nella quale il concetto di genere ha giocato un ruolo centrale nel presentare e guidare alla metodologia CLIL. In particolare, si intende riflettere sul potenziale e sulle criticità emerse adottando un genre-based approach per affrontare alcune implicazioni, tra potenziale e limiti, emerse o prevedibili nella preparazione degli/delle insegnanti alla metodologia CLIL.

CLIL can play an important role in enhancing multilingualism and international mobility. In order to efficiently integrate language and content in the learning process, multilingualism should not be conceived as using the foreign language as a vehicular tool rather by establishing a sound relationship between language and the typical discipline discourse(s) and genre(s). Such approach would imply the ability to work on content in several languages and across cultures (pluriculturalism). Currently, however, CLIL teaching is still mainly adopting a structuralist conception of language, which is a limited one as compared to the long-term goals of the CLIL methodology. It is the authors’s opinion that shifting CLIL teaching towards a genre-based approach could offer a virtuous development of the methodology and promote a truly integrated content-language framework within a ‚different‘ language-culture that takes into account the socio-pragmatic aspects of communication in any text. Not to mention that it would represent a better match with the glottodidactic references of the CEFR that have been a shared European standard since 2000. By proposing textuality in its specific identity (genres), which includes communicative factors linked to the addressed audience, one immediately presents discourse as an affordance: a special form with peculiar features that affords and favours a particular kind of communication over others through a language-culture shaped by and shaping a specific community otherwise inaccessible. The essay presents and discusses a case study (CLIL course 2021): a teacher-training course in which the concept of gender played a central role in introducing and guiding into CLIL methodology. In particular, it is intended to reflect on both the positive potential and the critical issues that emerged from adopting a genre-based approach in order to address some of the implications, between advantages and disadvantages as emerged in the case study or those that can be expected in preparing teachers for CLIL methodology.

1. Introduzione1

1.1 Docente CLIL e sua funzione

Per comprendere il potenziale di un approccio orientato al genere per la didattica CLIL (ing. Content and Language Integrated Learning, lett. apprendimento integrato di contenuto e lingua)i è necessario partire da quella che appare a chi non è esperta/o una criticità, ma che è invece la ragione d’essere della metodologia, e cioè l’integrazione tra lingua e contenuto. Cosa si intenda per integrazione tra lingua e contenuto è alla base di molti dubbi che emergono di norma durante la formazione dei/delle docenti CLIL: per esempio, quale possa essere il ruolo della L1 nella didattica e nella valutazione; quale posizione debba tenere chi è disciplinarista nei confronti della lingua straniera e del suo insegnamento; come si debbano gestire le competenze linguistiche nella valutazione. Questa criticità è comprensibile e reale, se la prospettiva adottata nei confronti della lingua straniera è di tipo formalistico-strutturale; in tal caso la dimensione linguistica del CLIL rimane confinata a questioni lessicali e morfosintattiche che non rientrano nelle competenze principali di chi è esperto/a di uno specifico ambito disciplinare. L’approccio formalistico-strutturale alla lingua straniera, nel quale la competenza linguistica è correlata a una crescente padronanza delle regole e strutture formali, dalla più semplice alla più complessa, è immediato e intuivo per chi non proviene da una formazione linguistica, spesso legato a una competenza implicita con scarsa o limitata capacità descrittiva e/o metalinguistica. Tale approccio, per quanto ancora diffuso, è metodologicamente superato e il CLIL, con i suoi obiettivi di lungo termine e con le sue ampie prospettive socioeconomiche, ne mette a nudo tutta la debolezza. Ciò è confermato dalle competenze del docente CLIL secondo il Decreto Direttoriale 6/2012ii, che costituisce uno dei riferimenti normativo-metodologici nella formazione CLIL. Tra le competenze linguistiche necessarie al/alla disciplinarista (le altre sono quelle del contenuto e quelle metodologico-disciplinari) il Decreto riporta anche “una padronanza della microlingua disciplinare”, dove, oltre al lessico, sono citate esplicitamente “tipologie di discorso, generi e forme testuali”. Se, quindi, la funzione del docente CLIL è lavorare sull’integrazione tra lingua e contenuto occorre adottare strumenti e metodologie che consentano di superare una gestione formalistico-strutturale della L2 e relative criticità. Quanto si intende proporre in questo contributo è un allineamento all’interno della formazione CLIL ai riferimenti glottodidattici – che dal 2000 rappresentano uno standard europeo condiviso – indicati, appunto, nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), e ancor più chiaramente definito nel recente aggiornamento del documentoiii, nel quale l’apprendente è attore (attrice) sociale e come tale usa la lingua per agire. Adottando una prospettiva orientata all’azione – sono in grado di (fare) la dimensione linguistica del CLIL si emancipa, quindi, da una visione formalistico-strutturale verso una definizione chiara della funzione della lingua, più dinamica per il/la discente e più armonica rispetto alla figura del/della docente disciplinare. A tal proposito, come già promosso da vari studi negli anni Ottanta, specie the genre theorists in Australiaiv, adottare un approccio orientato al genere permette al/alla disciplinarista di lavorare in maniera mirata ed efficace sulla lingua straniera concentrandosi su tutto ciò che è portante e ricorrente nell’ambito di uno specifico discorso settoriale e che in particolare caratterizza un genere o tipologia testuale (incluse forme ibride) proprie della disciplina, come ad esempio un report di laboratorio per Fisica o Scienze e/o testi argomentativi in Filosofia o Storia: [t]he basic principle of genre-based language teaching is that awareness of the forms, purposes, and social contexts of texts will aid in writing development”v.

È nell’affrontare generi e discorsi propri ai diversi ambiti disciplinari che il potenziale del CLIL rispetto al plurilinguismo può stimolare chi apprende alla riflessione e alla creazione di collegamenti tra le lingue-culture in un’ottica contrastiva che faciliti un approccio deduttivo e incentivi uno spirito di osservazione critico. Si noti che la riflessione metalinguistica è, per definizione, esplicita; là dove la competenza linguistica rimane implicita, infatti, c’è scarso margine per acquisire e/o gestire un’ampia varietà di registri e contesti come viene richiesto a chi deve destreggiarsi in ambiti settoriali o di specialità. In un approccio orientato al genere, le caratteristiche linguistico/testuali e del discorso, di una tipologia codificata per una determinata comunità, sono analizzati nelle loro peculiarità, il che porta ad una familiarità crescente con strutture morfosintattiche e pragmatiche ricorrenti che possono diventare anche ready-made, ovvero stringhe pronte all’uso nell’elaborazione progressivamente sempre più autonoma di testi. In un approccio genre-based, dove il genere nasce da “particular social configurations or the particular relationships of the participants in an interaction”vi, il plurilinguismo è immediatamente anche pluriculturalismo, perché il modo stesso di dar forma al discorso settoriale o tecnico-scientifico richiede a chi scrive/legge di adottare o riconoscere strutture standard e non-standard dei contesti linguistico-culturali e, proprio in quelle non-standard, riconoscere modifiche o ampliamento della portata semantico-pragmatica del testo. Senza contare che lo studio di una disciplina da un punto di vista culturalmente e linguisticamente altro, rispetto a quanto si fa nella L1, può sollecitare l’interesse per la disciplina stessa o aiutare a osservare con maggior consapevolezza critica e capacità di analisi approcci già noti, quindi potenzialmente dati per scontati, rilevandone vantaggi e criticità (si pensi, per esempio, alle diverse prospettive storiche sull’epoca tardo-antica; oppure allo studio della geografia riposizionando chi studia su diverse latitudini per discutere prospettive inconsuete). Il plurilinguismo, insomma, sarebbe solo una parte di un più ampio fenomeno, che include la cultura, ma anche quella che in ambito internazionale è detta literacy.

1.2 Oltre il plurilinguismo: CLIL e pluriliteracy

Il plurilinguismo costituisce uno dei pilastri del QCER (cfr. capp. 1 e 2 e §6.1.3 della versione 2001vii) ed è parte integrante di quell’approccio orientato all’azione che è alla base del documento, in sé piuttosto complessa e articolata, in verità, nel suo condensare concetti eterogenei. Nella filosofia del QCER l’apprendente è attore/attrice sociale, per cui le competenze linguistiche devono essere integrate con altre competenze (saper fare, saper essere ecc.) e permettono a chi apprende di partecipare a una vita sociale capace di trascendere i confini del proprio paese. Non è perciò un caso che il Companion del 2020 sviluppi la relazione tra plurilinguismo e pluriculturalismo e le dedichi un intero capitolo con scale, collegate tra loro, di descrittori come ad esempio: “Costruire e usare un repertorio pluriculturale”, “Comprensione plurilingue” e “Costruire e usare un repertorio plurilingue”. Non competenze distinte, insomma, ma un modello che prevede la comunicazione come complex adaptive system (Baicchi 2015)viii e di conseguenza la produzione di significato come processo articolato e stratificato su una dimensione socio-pragmatica.

Rispetto a obiettivi come plurilinguismo e pluriculturalismo il CLIL può rappresentare una grande opportunità e non è un caso che la metafora del travalicare i confini goda di una certa fortuna in letteraturaix. Si tratta, si noti, di obiettivi che nel CLIL sono politici prima che educativi, perché finalizzati alla formazione di una cittadinanza realmente europea (e quindi cosmo)politax. Il CLIL trascende per definizione i confini tra le discipline linguistiche e non; trascende i confini nazionali perché prepara al lavoro e allo studio in contesti linguistici diversi; trascende i confini linguistici perché fornisce gli strumenti per interagire su una data disciplina in più lingue. Tuttavia, il CLIL, nella tesi di Meyer e colleghixi ripresa da Mortonxii, è anche una metodologia che consente di valicare un altro importante confine, quello delle singole literacy, tanto che si parla sempre più spesso di pluriliteracies. Concetto complesso, tanto da risultare intraducibile (la traduzione italiana, alfabetizzazione, sarebbe riduttiva), quello di literacy è necessario per comprendere alcuni sviluppi recenti nell’educazione linguistica. La definizione offerta dall’UNESCOxiii presenta analogie con i principi del Quadro:

(…) literacy is now understood as a means of identification, understanding, interpretation, creation, and communication in an increasingly digital, text-mediated, information-rich and fast-changing world. Literacy is a continuum of learning and proficiency.

C’è di più, però. Relativamente al contesto CLIL, Meyer e colleghixiv si concentrano su quelle literacies che sono specifiche nelle diverse discipline. Nella dinamica della didattica CLIL, nella quale per lungo tempo la lingua è rimasta confinata a lessico specialistico e grammatica, ragionare in termini di literacy offrirebbe una prospettiva più corretta perché prenderebbe come punto di partenza il discorso e di conseguenza anche il genere. È attraverso il discorso, infatti, secondo Meyer e colleghi, che un apprendente si appropria di una disciplina:

[a]cademic literacy and disciplinary literacy involve discipline-specific discursive language use which follows a way of articulating or ‘languaging’ (Swain, 2006) which is discipline-specific (…). (p. 43)

Riprendendo la metafora dei confini, allora, la literacy travalica il confine lingua/disciplina perché concepisce lingua e contenuto come integrati nei discorsi e nei generi propri delle discipline. In altre parole, la dimensione linguistica nel CLIL può essere intesa come la capacità di dare forma, disambiguare semanticamente e interpretare socio-pragmaticamente il messaggio/testo così come è convenzione all’interno di contesti discorsivi e generi specifici ad una lingua-cultura: capacità che, secondo ricerche passate e recenti (Halliday 1986/2016), guida chi apprende al successo accademico. Non è un caso, allora, che Mortonxv ci porti a riflettere sulla lettera L dell’acronimo CLIL, usata per indicare language, ma che potrebbe essere sostituita appunto con literacy. Una prospettiva, questa, che dà un senso completamente diverso alla competenza linguistica di chi è docente disciplinarista, perché riconosce alla figura docente la capacità di elaborare discorsi e generi propri del loro campo di specializzazione e fonda su tale competenza la loro funzione relativamente alla lingua. Ciò risponderebbe, quindi, anche agli onnipresenti dubbi e insicurezze rispetto alla dimensione linguistica che emergono tra docenti CLIL o aspiranti tali. Attraverso la nuova centralità di genere e discorso nella costruzione di significato realizzabile in un genre-based CLIL si approderebbe a quell’integrazione tra competenze linguistiche e competenze disciplinari, così importante nella prospettiva del Quadro; il che condurrebbe a sua volta alla pluriliteracy, intesa come la capacità di integrare, confrontare e mettere in relazione le diverse literacy.

2. Il genere nella didattica CLIL

2.1 Genere, discorso, CLIL e plurilinguismo

A questo punto è cruciale andare oltre i sintetici accenni nella prima parte e mettere a fuoco che cosa si intende per genre o genere testuale e discorso (discourse). In particolare, all’interno di questo contributo, si intenderà con genre quanto proposto nella definizione di Martinxvi che trattiene la dimensione socio-pragmatica del termine: a staged goal-oriented social process (2009: 13), ovvero un testo formato da parti distinte e riconoscibili (staged) che lo organizzano in un’unità, che ha uno scopo e/o tende a un risultato (goal-oriented) ed è espressione di una dimensione dialogica basata su un’interazione sociale (social process). Comprendere il genere testuale in questo senso significa anche adottare un approccio sistemico-funzionale che guarda al linguaggio come a meaning-making system capace di adattamento e negoziazione all’interno di un ecosistema, fatto di scelte determinate da un contesto socio-semantico e socio-pragmatico pertinente con un discorso di dominio, ovvero tecnico-specialistico.

A discourse is a construction of some aspect of reality from a particular point of view, a particular angle, in terms of particular interests. As an abstract noun, discourse draws attention to use of language as a facet of social practice […] As a count noun (discourses in the plural rather than discourse in general), it draws attention to the diversity of constructions (representations) of various domains of life and experience associated with different voices, positions, and interests (subjectivities). (The New London Group 1996: 25)xvii

Come si evince da questa definizione e, come sostiene anche Manzotti (1990)xviii, essendo la scrittura una pratica altamente codificata, non si può e non si dovrebbe gestire il testo scritto in modo astratto, bensì riconoscendo vincoli e gradi di libertà che agiscono nella definizione dell’architettura e della verbalizzazione dei contenuti, in funzione della materia trattata, della situazione comunicativa in cui si opera e degli scopi che ci si propone di raggiungere. Portando in primo piano genere e discorso, si mira a un superamento della dicotomia forma/contenuto a favore di una visione integrata e sistemica che include questioni sostanziali di contesto, scopo e audience così come già previsto dalla linguistica di Halliday (Systemic Functional Linguistics, SFL). Siamo dunque di fronte a forti analogie con la concezione di CLIL data nel paragrafo precedente e al potenziale che un orientamento al genere può portare alla metodologia. La ricerca sul genere presenta anche altri importanti collegamenti con il CLIL. J.R. Martinxix (1997) definisce due macrocategorie per il genere, una tipologica e l’altra topologica. Con la prima intende rintracciare a livello quantitativo le relazioni causali che determinano specifiche scelte nella definizione di un genere. Con quella topologica, mappa i testi su una scala per identificarli come più o meno aderenti a modelli prototipici. Con questa seconda macrocategoria Martin prevede di utilizzare la fase di apprendimento per condurre, tramite compiti gradualmente più complessi, studentesse e studenti verso una sempre maggior capacità non solo di identificare i generi, ma di saperli produrre in autonomia. Si può qui notare un parallelo con il passaggio, nel CLIL, da attività a bassa richiesta cognitivo/linguistica ad altre ad alta richiesta cognitivo/linguisticaxx. Inoltre, tornando al pluriculturalismo e plurilinguismo, il genre-based approach può giocare un ruolo di rilievo nello sviluppo di multiliteracy. Nel 1993, nel suo saggio Towards a language-based theory of learning, Halliday traccia il percorso di apprendimento dall’infanzia all’adolescenza individuando ventuno passaggi che definisce feature. Si tratta di un processo semiotico che va dalla protolingua alla generalizzazione, dall’astrazione alla metafora grammaticale o nominalizzazione. L’apprendimento del linguaggio viene così concepito come un percorso integrato per interpretare l’esperienza, acquisire informazioni e quindi accedere a nuove competenze e alla conoscenza in senso ampio ma anche in senso stretto, specialistico/settoriale. Una prospettiva, quella illustrata nel saggio di Halliday, che prevede “learning language, learning through language, learning about language. Dalla lingua parlata del quotidiano, che è “the combination of the experiential and the interpersonal”, le potenzialità individuali di creare significato tra “language as action” (componente interpersonale) e “language as reflection” (esperienza e logica, “ideational metafunction”), si arriva alla lingua scritta e ai testi (discourse) che sono prerequisiti per costruire la competenza scientifico-teorica. Secondo il principio hallidayano della “complementarità grammaticale” (feature 17 e 21, 1993: 108-109, 112) parlato e scritto prevedono due diverse modalità grammaticali “dynamic” per il parlato, “synoptic” per lo scritto, con un livello di astrazione crescente tramite nominalizzazione (grammar metaphor) che trasforma fenomeni e processi in oggetti, ovvero investe meno in strutture sintattiche semplici governate dal verbo e sfrutta strutture complesse dove il verbo è sostantivizzato oppure funge da connettore (verbi copula). Secondo questa distinzione, tutte le forme di apprendimento prevedono “learning to understand things in more than one way”xxi il che include (seppure Halliday non approfondisca in questa direzione) che lingue e culture diverse sfruttino i potenziali lessico-grammaticali in modi diversi – per esempio in inglese un testo che fornisce istruzioni si basa sull’imperativo, mentre in italiano si tende a prediligere l’infinito. Un approccio genre-based bilingue o multiculturale può quindi favorire una crescente consapevolezza e progressiva autonomia nel saper riconoscere e utilizzare modelli lessico-grammaticali ricorrenti nell’una o nell’altra lingua-cultura. D’altra parte, non si tratta solo di sviluppare competenze di scrittura, ma di inoltrarsi nell’apprendimento di pratiche comunicative contestualizzate e altamente codificate, come afferma Tardyxxii:

learning the socially preferred “ways of doing” within the community. Because key modes of communication within communities are often generic, learning to engage in these genres receptively and productively can be essential to success as a group member. The goal of genre-based language teaching is to facilitate this process.

La pluralità di generi rappresenta dunque una risorsa ideale per favorire un graduale sviluppo e una certa integrazione delle due modalità prevalenti dynamic e synoptic specie in prospettiva plurilingue e pluriculturale. Negli studi dedicati al CLIL, Coyle sostiene che “Culture(s) permeates the whole to such an extent that context and culture constitute the actual frame of the recently revised 4Cs Framework […] in order to foster what Cummins (2004) describes as global citizenship and/or social awareness of self and otherness”xxiii.

2.2 Il genere nella formazione CLIL. Dalla teoria alla pratica

Affrontare la questione del genere nella formazione CLIL, significa prevedere sia percorsi per docenti sia materiali che facilitino la metodologia genre-based in classe (v. infra). Adottando un genre-based approach a partire da tipologie di discorso o dispositivi comunicativi riconoscibili e ricorrenti all’interno di specifici contesti disciplinari e culturali, rivolti a una precisa audience e funzionali a un preciso scopo, significa in buona sostanza partire da testi che chi è esperta/o della disciplina conosce e gestisce al meglio. Come già osservato nella sezione precedente, il fatto che, quando si parla di generi testuali, si tratti fondamentalmente di linguaggio scritto, non esclude la possibilità e/o necessità di sfruttare le competenze lessico-grammaticali del linguaggio parlato (da associare a BICS), in aderenza all’ideale che ci sia una graduale acquisizione di una competenza lessico-grammaticale synoptic, tipica della lingua scritta. Tramite il processo che Halliday definisce “reconstruction and regression” (feature 19xxiv), la lingua parlata servirà da competenza di partenza, faciliterà la ricostruzione dell’esperienza per poterla trasformare in conoscenza e competenza. Da principio, quindi, ci si aspetta che studentesse e studenti facciano un temporaneo passo indietro nelle loro competenze semiotiche, questo permetterà loro di spacchettare in unità minime e adiacenti i processi o fenomeni complessi che sono loro proposti, per poi riformularli nella scrittura procedendo, inizialmente, con una sintassi paratattica, per esempio, e nessun (o scarso) utilizzo della nominalizzazione (metafora grammaticale), ma li condurrà gradualmente a dominare strutture portanti dei discorsi disciplinari e quindi anche quelle dei generi testuali.

3. Genere e CLIL nel corso metodologico 2021

3.1 Genere e didattica

Adottare un approccio genre-based non significa necessariamente lavorare su testi lunghi e complessi. Al contrario, come osservato sopra, in primis significa predisporre all’osservazione analitica di stringhe di testo che provengono e sono riconducibili a specifici domini e necessità comunicative in un avvicinamento graduale anche per il/la docente disciplinarista. In A pedagogy for multiliteracies, The New London Group propone un confronto tra due brevi frasi: la prima, “Lung cancer death rates are clearly associated with increased smoking” e la seconda “Smoking causes cancer”. Il messaggio veicolato nelle due stringhe è parzialmente assimilabile. La prima frase contiene quanto espresso nella seconda e offre un maggior dettaglio, ma può portare il messaggio finale anche in altra direzione rispetto alla seconda. Quello che chiaramente emerge, al di là delle molte altre differenze che si possono osservare, è che ognuna delle due costruzioni appartiene a un dominio/discorso specifico: la prima è riconducibile a quello tipico della medicina, l’altra al discorso sulla salute pubblica. Le strutture morfosintattiche e lessicali sono state utilizzate per “design two different instruments. […] usable in different discourses.”xxv Realizzando attività propedeutiche e graduali (si vedano gli esempi sotto), si può passare dal facilitare l’individuazione di elementi lessico-grammaticali ricorrenti e caratterizzanti di specifici generi testuali di una disciplina (reading comprehension tasks) a svolgere attività di consolidamento di tali strutture (rephrasing tasks) per favorire poi lo sviluppo di competenze produttive (writing tasks) che le/i docenti possano sperimentare e perfezionare con l’obiettivo di consolidare le proprie competenze e saper adattare materiali autentici da proporre in classe su target text trattati. Per esempio, si possono campionare frasi e/o modalità diverse per dire quasi la stessa cosa (per es. allenando alla riformulazione, parafrasi e sintesi), come proposto nel confronto delle due frasi sopra; si può lavorare sulla nominalizzazione, ovvero su come il discorso si faccia complesso e astratto tramite la trasformazione dei verbi in sostantivi (per es. “assess” in “assessment”, “can” in “ability”) e di conseguenza imparare a riconoscere la densità semantica che ne consegue là dove le stringhe nominali (in funzione di soggetto o complemento oggetto) si fanno sempre più articolate, mentre in testi più accessibili le stesse informazioni siano presentate tramite paratassi – una serie di frasi semplici (una sola proposizione) – ed eventualmente più elementi connettivi (congiunzioni e preposizioni). Di seguito un esempio di riformulazione presentato e discusso in aula con le/i docenti del corso CLIL 2021:

Testo a

Testo b

Mobile phone company XY has the following charges: $5 monthly rental and $0.10 per minute.

XY is a mobile phone company. It charges: $5 each month for rental and $0.10 each minute.

Sinteticamente, l’attività qui sopra riportata nel corso CLIL 2021 chiedeva alle/ai docenti di fare alcune rapide osservazioni sulle caratteristiche linguistiche dei due testi per definirne il registro. Con un minimo di guida si è arrivati a isolare lessico e sintassi come elementi caratterizzanti di due registri diversi rispetto a due elementi chiave: il primo, “charges” come vocabolo oggetto di riformulazione, là dove nel testo a è sostantivo plurale (nominalizzazione), mentre nel “testo b” è verbo lessicale declinato alla terza persona singolare. Il secondo elemento: la paratassi del testo b, (livello di formalità sintattica ridotta; ampia accessibilità alle informazioni); rispetto all’unica frase del testo a.

Qualcosa di simile si rintraccia in altre proposte, per esempio anche Llinares e colleghixxvi hanno lavorato in questa direzione offrendo una disamina dei diversi generi nelle diverse discipline CLIL e, per ogni genere, una volta decostruito un testo modello, hanno indicato le „mosse“, identificato le loro realizzazioni per illustrare alcuni task utili al lavoro sul genere.

Portare il genere testuale al centro dell’insegnamento CLIL non è però un obiettivo immediato. Per quanto esistano sperimentazioni importanti e per quanto stia crescendo una letteratura che analizza i benefici di genre-based teaching and learningxxvii, il metodo non è ancora del tutto compreso e applicato come catalizzante di corsi o materiali CLIL. Attualmente nel contesto italiano la maggior parte dei manuali scolastici per le Scuole secondarie di secondo grado o le risorse attualmente disponibili online che prevedono singole attività o intere unità CLIL, includono principalmente due ambiti di intervento: quello lessicale (con glosse a margine o singoli termini individuati come parole chiave isolate); e quello della comprensione del testo (talvolta anche audio) con esercizi a scelta multipla, a risposta breve aperta o a buchi. Le prime sono sempre focalizzate essenzialmente su attività lessico-grammaticali che vanno poco oltre la mera memorizzazione passiva di termini in due lingue. Le seconde si riducono a una verifica spesso meramente nozionistica del testo proposto in lettura; oppure, talvolta, promuovono attività comunicative per stimolare alla produzione individuale, a coppie o in gruppo, ovvero suggerire le tipiche conversazioni tra pari o far elaborare delle presentazioni. Di seguito due esempi tratti da edizioni scolastiche recenti:

Figura 1 Due pagine prese a campione da manuali scolastici in corso d’uso nelle scuole secondarie di secondo grado. A sinistra, un esempio di proposta CLIL con due glosse a margine a indicare il lessico settoriale; a destra, un esempio di Reading comprehesion in una sezione dedicata in appendice al manuale.

In altri casi, infine, l’obiettivo delle attività resta l’apprendimento di strutture grammaticali tipiche del livello, sviluppate a partire da testi disciplinari che non vengono però presentati come tali, né analizzati in quanto codificazioni tipiche del discorso di dominio. Ciò che rende interessante e necessario un adattamento al genre-based approach dei materiali nella creazione, pianificazione, somministrazione e valutazione di un corso CLIL è la funzione cornice che una focalizzazione su genere e discorso può ragionevolmente svolgere nell’ottica di un consolidamento contestualizzato di competenze linguistiche di base (livello B1) e competenze disciplinari minime (principalmente acquisizione di un lessico settoriale) che non resti fine a sé stesso; quella che Bhatia definisce “generic competence”xxviii, ovvero un’autentica presa di coscienza del ruolo che le strutture morfosintattiche svolgono all’interno di un contenuto disciplinare, a chi si rivolgono e con quale scopo (componente socio-culturale e pragmatica), per arrivare ad un uso autonomo di quelle stesse strutture e, in prospettiva, poter sfruttare una competenza lessico-grammaticale astratta e sinoptica legata all’elaborazione di testi scritti (discourse).

3.2 Genere e valutazione

La valutazione CLIL è, come già la didattica, dual-focused, cioè, deve lavorare sia sulla lingua, sia sul contenuto. Un compito non facile e, come visto, uno dei nodi nella formazione CLIL nel chiarire il ruolo di chi è docente disciplinarista rispetto alla lingua: nella valutazione ciò si traduce in un generale senso di insicurezza rispetto al peso da dare alla lingua nel giudizio, a come gestire le difficoltà linguistiche durante la valutazione stessa o, più semplicemente, come valutare la lingua.

Il punto di partenza della parte dedicata alla valutazione nel corso CLIL 2021 è stata proprio la criticità per i/le docenti CLIL ad integrare lingua e contenuto. Ciò ha portato a un focus sul Quadro e sui principi dell’Approccio Comunicativo, due elementi, come detto, indispensabili per declinare sul genere la didattica CLIL. Comprendere i principi e gli obiettivi dell’educazione linguistica attuale, infatti, consente di mettere a fuoco l’importanza e la funzione di un lavoro sui generi nell’apprendimento di una lingua straniera. Il lavoro sulla valutazione, allora, assume un ruolo centrale nella formazione alla metodologia con un focus sul genere perché un approccio orientato al genere risolve i problemi relativi alla lingua nel CLIL. Si trovano infatti in letteratura indicazioni sull’importanza in questa metodologia del backward designxxix, cioè la progettazione didattica a partire da criteri di valutazione e sull’applicazione dell’assessment for learningxxx. Entrambi, a un occhio attento, si adattano bene a una didattica orientata al genere, perché incentrati sull’esplicitazione e sulla condivisione degli obiettivi con chi apprende. Da un punto di vista procedurale, inoltre, un approccio sul genere è utile ai/alle disciplinariste/i per la redazione di scale di valutazione, come mostra bene l’esempio di Marzanoxxxi ripreso da Llinares e colleghi su una scala di valutazione per un compito su Cromwell:

Livello 4: lo studente discute la figura di Cromwell confrontando diverse fonti e punti di vista genere: discussione; l’organizzazione del testo è per argomenti (non cronologica);
Livello 3: lo studente descrive gli eventi che hanno portato alla guerra civile inglese, spiegando il loro significato e importanza per la guerra
genere: presentazione basata su fattori/cause (testo organizzato intorno a fattori); uso di forme per causalità; usa forme per valutare, sottolineare importanza ecc.
Livello 2: lo studente identifica i punti chiave della carriera di Cromwell
genere: racconto storico lineare; uso di forme/vocabolario per descrivere persone; usa verbi al passato per descrivere azioni ecc.;

Il lavoro sulle scale ha costituito un altro focus della parte dedicata alla valutazione perché ha permesso ai/alle futuri/e docenti CLIL di comprendere come il giudizio sia basato appunto sull’integrazione tra lingua e contenuto. La valutazione, tuttavia, avviene sulla capacità dell’apprendente di svolgere un compito, qui produrre un testo, di maggiore o minore complessità cognitiva, cioè aderente a generi di diversa complessità. Negli elaborati prodotti dai/dalle docenti partecipanti si osserva una prevedibile difficoltà a superare una versione strutturale della lingua e ad abbracciare un approccio orientato all’azione e al genere. La correlazione tra numero di errori e qualità del testo, per esempio, è comune a molti lavori prodotti, come nel caso:

(2) Lo studente non fa errori di grammatica e spelling
(1) Lo studente fa pochi errori di grammatica e spelling
(0) Lo studente fa molti errori di grammatica e spelling

Una prospettiva, come già detto, intuitiva ma incapace di cogliere l’efficacia comunicativa di un testo e la sua aderenza al genere – si trattava di realizzare un poster per presentare un aspetto della Prima guerra mondiale. Qui la scala, infatti, separa, e quindi non integra, lingua e contenuto, quest’ultimo valutato in un altro descrittore rispetto al numero e alla qualità dei dettagli portati a supporto dell’argomentazione. Tali difficoltà, tuttavia, non paiono insormontabili e nelle scale prodotte dal gruppo delle/dei docenti si sono potuti osservare elementi che lasciano intendere la comprensione dei principi e un tentativo verso la loro applicazione. Nella scala prodotta da un docente, per esempio, la lingua è sempre raccolta sotto il descrittore “Grammatica”:

(3) Il testo presenta una grammatica e una sintassi ben sviluppate. Il testo è coerente.
(2) Il testo presenta una grammatica e una sintassi semplici, ma corrette. Il testo è coerente.
(1) Il testo ha alcuni errori di grammatica e sintassi. Il testo è un po‘ coerente.
(0) Il testo presenta molti errori di grammatica e sintassi. Il testo non è coerente.

La definizione dei livelli di analisi (grammatica e sintassi) è poco chiara, ma è interessante la distinzione tra “forme semplici ma corrette” e “forme attese” e “metodologicamente corrette” (punti 3 e 2), anche se non coerente con i livelli 1 e 0. Permane, inoltre, una correlazione tra quantità di errori e qualità del testo, invece di un approccio basato sull’efficacia comunicativa del testo. La dimensione testuale, infine, è presente nella coerenza del testo, che coincide anche in questo caso con una visione quantitativa comunque adeguata al compito. Le discipline che presentano generi e discorsi dai caratteri più chiari, come per esempio il report di laboratorio, possono presentare meno difficoltà. Nel compito di una docente, per esempio, i criteri di valutazione di un report corrispondono alle diverse parti/mosse: introduzione, materiali e metodo, risultati/discussione e conclusioni. Il descrittore “Introduzione” integra bene lingua e contenuto:

(3) L’introduzione è accurata e descrive il background. L’obiettivo è espresso in maniera chiara
(2) L’introduzione è debole. L’obiettivo è chiaro.
(1) L’introduzione manca o è molto debole. L’obiettivo non è chiaro.
(0) Manca l’introduzione o la definizione degli obiettivi

La scala presenta alcuni limiti, per esempio mancano criteri osservabili per definire un’introduzione debole, però lavora su una prospettiva testuale e di genere valutando ciò che la figura attiva studente/studentessa sa fare. Anche nella sezione Risultati/discussione emerge questa attitudine ad isolare l’azione del/della discente per cui un compito eccellente “presenta i dati in maniera accurata in tabelle”, mentre un compito sufficiente “presenta i dati in forma di testo, ma non in tabelle”. Le difficoltà, quindi, ci sono ma non sembrano, come detto, insormontabili e i principi di un approccio orientato al genere, e quindi all’azione, sono almeno in alcuni casi colti, lasciando ben sperare per il futuro. La difficoltà ad abbracciare una prospettiva orientata a genere e discorso non deve scoraggiare né stupire perché non ci si può attendere una conoscenza approfondita del QCER, dell’Approccio Comunicativo o di quello qui proposto (genre-based), argomenti fondanti ai fini del cambio di paradigma, da una visione strutturalistico-formale ad una socio-pragmatica.

4. Conclusioni

Il contributo ha inteso mettere in evidenza i fondamenti teorici e i possibili vantaggi di un approccio orientato al genere nella didattica CLIL e, contestualmente, gettare le basi per una riflessione, a partire da un’esperienza didattica (CLIL 2021 – case study), da cui sono emerse alcune problematiche proprio nell’adozione di un tale approccio nella formazione dei/delle futuri/e docenti CLIL. Il punto di partenza, nonché obiettivo di lungo termine, è allineare la didattica CLIL ai principi esposti nel QCER: un genere, in fondo, è in primo luogo uno strumento per agire sul mondo e come tale realizza quello che è principio cardine del Quadro, ovvero una concezione della lingua orientata all’azione. Inoltre, adottare un approccio orientato al genere favorisce il plurilinguismo, e con esso la pluriliteracy. Adottando un genre-based approach, il CLIL assumerebbe una funzione più ampia e ambiziosa e al contempo più legata ai contesti comunicativi di dominio che studentesse e studenti imparerebbero a riconoscere e a produrre in autonomia. Declinare su genere e discorso la formazione alla metodologia CLIL implica, però, alcuni importanti cambiamenti. In primo luogo, occorre prevedere corsi di formazione rivolti a docenti disciplinaristi/e già competenti nella L2 e dunque pronti/e ad accettare che genere e discorso abbiano una posizione preminente nell’apprendere la metodologia CLIL; strutturare i corsi metodologici in modo che l’interazione tra lingua e contenuto non parta dall’una o dall’altro, ma da tipologie di discorso o dispositivi comunicativi riconoscibili e ricorrenti all’interno di specifici contesti disciplinari e culturali, rivolti a una precisa audience e funzionali a un preciso scopo. Inoltre, una formazione orientata al genere dovrebbe favorire il backward-design, quella progettazione di materiali didattici e unità CLIL che parta da criteri di valutazione – eventualmente anche prevedendo fasi di condivisione con studentesse/ti così che acquisiscano consapevolezza sugli obiettivi di apprendimento e siano in grado di riproporlo in aula anche alle loro classi come esperienza di apprendimento metacognitivo. Se l’obiettivo è, infatti, un saper fare, pare cruciale partire da obiettivi osservabili e concreti, utili per una valutazione formativa efficace che possa essere anche auto-valutazione o valutazione tra pari. Ciò implica la necessità di sviluppare nei/nelle docenti CLIL la capacità di elaborare scale di valutazione che, analogamente a quelle del QCER, siano basate sul saper fare, anche se tarate su un dato genere e discorso, come negli esempi riportati in precedenza. A ciò segue un’ulteriore implicazione: la necessità di approfondire nella formazione CLIL la dimensione comunicativo-pragmatica del QCER. La declinazione del CLIL sul genere, come già sottolineato, seppur brevemente, coinvolgerà tutto l’impianto della metodologia, in particolar modo la progettazione di materiali. Infine, la formazione CLIL dovrebbe scardinare la separazione tra docente non di lingua e docente di lingua che attualmente impedisce la frequenza dei/delle docenti di lingua e l’accesso ai corsi di formazione CLIL negando così il potenziale che alcune/i potrebbero portare sapendo gestire un approccio genre-based ma non avendo competenze settoriali specifiche. Se si riflette un momento, in ambito umanistico, da anni la Letteratura inglese nel triennio dei licei, da Chaucer a Hemingway, spesso con cenni storici e rapide incursioni negli adattamenti di testi classici per Cinema, TV e Teatro, prevede che docenti di lingua trattino i contenuti proponendoli anche in adattamenti per media molto diversi tra loro, generi e discorsi molto diversi, senza contare le sfaccettature dei generi letterari – dalla poesia alla prosa, dai pamphlet alle lettere. Questa attività non è mai stata osservata come fenomeno ascrivibile alla metodologia CLIL, ma si configura esattamente come un’evoluzione nel percorso di apprendimento della lingua attraverso generi espressivi complessi e condizionati da convenzioni storico-retoriche ma anche socio-economiche dinamiche e in continua evoluzione proprio nell’incessante contatto tra lingue e culture – si pensi alla nascita e rapida evoluzione del romanzo, dal formato di pubblicazione a episodi su giornali e riviste, fino al suo formato più tipico, quello del volume. Da un punto di vista socio-culturale, inoltre, come messo in luce da Bawarshi & Reiffxxxii rispetto agli approci student- o process-centered, esporre studentesse e studenti all’apprendimento CLIL attraverso generi e discorsi significa evitare di perpetrare una disuguaglianza sociale (epistemic injustice) per cui alcuni/e non hanno accesso alla stessa varietà di testi, soprattutto scientifici e accademici, e dunque non conoscendo tale molteplicità di tipologie testuali, generi e discorsi non potranno in futuro comprenderla appieno e/o esprimerla con agilità. Senza contare che il contributo portato alla teoria dei generi dalla linguistica storica e da quella dei corpora consente in prospettiva socio-storica di educare ad osservare criticamente le trasformazioni diacroniche nell’uso della lingua, non solo a livello lessicale, ma anche rispetto a strutture grammaticali più complesse dovute a questioni socio-culturali, storiche e in ultima analisi pragmatiche (comunicazione in contesto).xxxiii Questa visione ci riporta all’importanza del fattore politico-culturale nella didattica CLIL perché proprio da queste evoluzioni socio-linguistiche si traggono documenti e testimonianze che raccontano di quali forze sociali e forme di potere abbiano dominato o capitolato; di quando lingue diverse si siano trovate in coabitazione in un determinato territorio o abbiamo coabitato con lingue veicolari, in fasi di transizione; oppure di quale relazione sia intercorsa tra lingua standard e volgare, o lingua dell’autorità e le lingue locali (geoletti o socioletti) e/o altre varietà – siano esse definite lingue minoritarie e/o dialetti. Insomma, si entra in tal modo a tutti gli effetti nella multiliteracy e nel plurilinguismo e pluriculturalismo.


1 Laura Santini è autrice dei §§ 2.1, 2.2 e 3.1, Simone Torsani è autore dei §§ 1.2 e 3.2. L’introduzione § 1.1 e le conclusioni § 4 sono comuni.

i Di seguito una campionatura tra i contributi più rilevanti sulla didattica genre-based: Swales, J. M., 1990, Genre analysis: English in academic and research settings. Cambridge, England: Cambridge University Press. Cope, B. & M. Kalantzis (Eds.), 1993, The powers of literacy: A genre approach to teaching literacy. London: Falmer Press. Freedman, A., 1993, “Show and tell? The role of explicit teaching in the learning of new genres”, Research in the Teaching of English, 27, 222–51. Martin, J. R., 1993, “Genre and literacy – Modeling context in educational linguistics”, Annual Review of Applied Linguistics, 13, 141–72. Johns, A. M. (Ed.), 2002, Genre in the classroom: Multiple perspectives, Mahwah, NJ: Erlbaum. Hyland, K., 2003, “Genre-based pedagogies: A social response to process”, Journal of Second Language Writing, 12, 17–29. Herrington, A. J. & C. Moran (Eds.), 2005, Genre across the curriculum, Logan: Utah State University Press. Tardy, C. M., 2006, “Researching first and second language genre learning: A comparative review and a look ahead”, Journal of Second Language Writing, 15, 79–101.

ii Cfr. Decreto Direttoriale n. 6 del 16 aprile 2012.

iii Consiglio D’Europa, Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue: Apprendimento, Insegnamento, Valutazione. Volume complementare, 2020, Language Policy Programme, Education Policy Division, Education Department, Council of Europe.

iv Cfr. Christie, F. (1987). Language and Literacy: Making Explicit What’s Involved. In Thirteenth Annual Conference of the Australian Reading Association on Language and Learning, Sydney. e Martin, J.R. 1984. Language, Register and Genre, pp. 21–30 in Children Writing, edited by F. Christie. Geelong: Deakin University Press.

v Tardy, Christine M. Genre‐based language teaching. Chapelle Carol (ed.), The encyclopedia of applied linguistics (2012): 1-4.

vi (The) New London Group, A pedagogy of Multiliteracies designing social futures, Cope, Bill, and Mary Kalantzis, eds. Multiliteracies: Literacy learning and the design of social futures. Psychology Press, 2000: 9-36.

vii Consiglio d’Europa, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue. Apprendimento insegnamento valutazione. Firenze: La Nuova Italia, 2002.

viii Baicchi, A. (2015). Construction Learning as a Complex Adaptive System. Psycholinguistic Evidence from

L2 Learners of English. New York. Springer.

ix cfr. Coyle, D. (2018). The place of CLIL in (bilingual) education. Theory Into Practice, 57(3), 166-176. e Furlong, Á., & Bernaus, M. (2017). CLIL as a Plurilingual Approach or Language of Real Life and Language as Carrier of Culture. Research Papers in Language Teaching & Learning, 8(1).

x Coyle, D., Hood, P., & Marsh, D. (2010). CLIL: content and language integrated learning. Cambridge UP.

xi Meyer, O., Coyle, D., Halbach, A., Schuck, K., & Ting, T. (2015). A pluriliteracies approach to content and language integrated learning–mapping learner progressions in knowledge construction and meaning-making. Language, Culture and Curriculum, 28(1), 41-57.

xii Morton, T. (2020). Cognitive discourse functions: A bridge between content, literacy and language for teaching and assessment in CLIL. CLIL Journal of Innovation and Research in Plurilingual and Pluricultural Education, 3(1), 7-17.

xiii UNESCO, What you need to know about literacy, in rete all’indirizzo

https://www.unesco.org/en/literacy/need-know (ultimo accesso 28-04-2023).

xiv Meyer et al. (2015).

xv Morton, T. (2020).

xvi Martin, J. R. (2009). Genre and language learning: A social semiotic perspective. Linguistics and education, 20(1), 10-21.

xvii (The) New London Group, A pedagogy of Multiliteracies designing social futures, Cope, Bill, and Mary Kalantzis, eds. Multiliteracies: Literacy learning and the design of social futures. Psychology Press, 2000: 9-36.

xviii Manzotti, E. (1990). Forme della scrittura nella scuola: una tipologia ragionata, in «Nuova secondaria» 7, pp. 25-42.

xix Martin, J.R. (1997). “Analysing Genre: Functional Parameters.” Genre and Institutions: Social Processes in the Workplace and School. Frances Christie and J.R. Martin (eds). London: Cassell, 3-39.

xx Cfr. Coyle, D., Hood, P., & Marsh, D. (2010). CLIL: content and language integrated learning. Cambridge UP.

xxi Ibid. p. 112

xxii Tardy, Christine M. Genre‐based language teaching. Chapelle Carol (ed.), The encyclopedia of applied linguistics (2012): 1-4, p. 1

xxiii Coyle, D. (2007). Content and language integrated learning: Towards a connected research agenda for CLIL pedagogies. International journal of bilingual education and bilingualism, 10(5), 543-562.

xxiv Halliday, M. A. (1993). Towards a language-based theory of learning. Linguistics and education, 5(2), 93-116, pp. 109-110

xxv (The) New London Group, A pedagogy of Multiliteracies designing social futures, Cope, Bill, and Mary Kalantzis, eds. Multiliteracies: Literacy learning and the design of social futures. Psychology Press, 2000: 9-36, p. 26.

xxvi Llinares, Ana, Tom Morton, and Rachel Whittaker. The roles of language in CLIL. Cambridge University Press, 2012.

xxvii Cfr. Coffin 2010; Morton, T. (2010). Using a genre-based approach to integrating content and language in CLIL. Language use and language learning in CLIL classrooms, 7, 81-104.; Llinares, Ana, Tom Morton, and Rachel Whittaker. The roles of language in CLIL. Cambridge University Press, 2012; McCabe, A., & Whittaker, R. (2017). Genre and appraisal in CLIL history texts. Applied linguistics perspectives on CLIL, 47, 105.

xxviii Bhatia, V. K. (2004). Worlds of written discourse: A genre-based view. A&C Black.

xxix Ball, P., Kelly, K., & Clegg, J. (2016). Putting CLIL into practice: Oxford handbooks for language teachers. Oxford University Press.

xxx Cfr. Pascual, I., & Basse, R. (2017). Assessment for learning in CLIL classroom discourse. Applied linguistics perspectives on CLIL, 47, 221; Xavier, A. (2020). Assessment for Learning in Bilingual Education/CLIL: A Learning-Oriented Approach to Assessing English Language Skills and Curriculum Content in Portuguese Primary Schools. Assessment and Learning in Content and Language Integrated Learning (CLIL) Classrooms: Approaches and Conceptualisations, 109-136.

xxxi Marzano, R. J. (2011). Formative assessment & standards-based grading. Solution Tree Press.

xxxii Bawarshi, Anis S., and Mary Jo Reiff. (2010). Genre: An introduction to history, theory, research, and pedagogy. Parlor Press LLC.

xxxiii Bawarshi & Reiff (2010: 39-40), riportano un interessante esempio di evoluzione di una struttura grammaticale all’intero di un preciso genere testuale: “in his study of the adverbial first participle construction in English, Thomas Kohnen describes how that construction first appeared in and then spread through English via its use in different genres. The adverbial first participle first appeared in the English religious treatise and then soon afterward spread to the sermon (Kohnen 116). What is telling is that the adverbial first participle achieved a certain status by virtue of first appearing in prestigious and powerful religious genres, which then acted as catalysts for linguistic change (Kohnen 111)”.